3 ' di lettura
Giorgia Persico
Il mito di Ercole a San Tommaso
«Mittc n sold dentr all’acqu ca t port fortun». Metti un soldo nell’acqua che ti porta fortuna, esclamano le signore anziane della piccola frazione di S. Tommaso, nel comune di Caramananico Terme, in Abruzzo, quando a piccoli passi, accompagnano i più piccoli a visitare il misterioso pozzo d’acqua sorgiva nella cripta sotterranea di quella chiesa, di cui il paese prende in prestito il nome. Tanto discussa quanto silenziosa, fredda e vuota.
La chiesa di San Tommaso, romanica a tre navate, verrà completata nel 1219 per volontà di una comunità benedettina e dedicata a Saint Thomas Becket, il vescovo, poi Santo, ucciso nella cattedrale di Canterbury nel 1170.
Prima del passaggio dei benedettini e prima ancora, quindi, della costruzione della chiesa, in quel stesso luogo sorgeva un antico tempio dedicato ad Ercole; l’Eracle del mondo greco, quel bambino che strozzò i serpenti nella culla, figlio di Zeus, per i greci, di Giove per i romani. L’eroe le cui dodici fatiche lo portarono a raggiungere, per alcuni, l’immortalità.
Perché a San Tommaso, nella regione degli Appennini, sorgeva un culto in suo onore?
Grazie a Pierluigi Astrologo, guida ambientale escursionistica per Majambiente – cooperativa nata nel 1994 a Caramanico T. con l’obiettivo di valorizzare il territorio abruzzese – scopriamo l’esistenza, intorno al tempio, di un antico villaggio. Notizia pervenuta grazie ad Antonio De Angelis che, a sua volta, rilegge le carte archeologiche di A. Mario Radmilli.
Il tempio custodiva quel cuore d’acqua sorgiva, nell’attuale cripta rimasta nella chiesa, come fonte di approvvigionamento della popolazione. «Qui sono state trovate le statuette in bronzo del dio Ercole, oltre a probabili resti del tempio, capitelli».
Se la facciata della chiesa può solo guardare all’immensità del bosco sul Morrone, a pochi passi da questa si estende una vallata chiamata “Orta”, prende il nome dal fiume che ne scorre. Immaginiamo quel tempio come simbolo di quel villaggio e lì, su quel fiume, il Ponte Romano, ne restano i resti, importantissimo per le vie di comunicazione. Di rilievo è la costruzione, intorno all’anno 1000, di un castello, inserito nel processo di incastellamento di tutta la vallata. Tutto questa immensa natura cade sotto il nome di Piano del Luco, dal latino “lucus” ovvero “bosco sacro”.
Acqua, vie di comunicazioni, castelli e strette di mano nell’antico villaggio. Un uomo mortale non riesce ad affrontare tutto questo caos, si rivolge al Dio pregandolo e diffamandolo.
“Dio Ercole proteggi le nostre acque, i nostri pastori e i nostri accordi commerciali”. Lo ringraziavano per quell’acqua sorgiva, per loro venuta dal cielo. Oggi, la concretezza della scienza elimina ogni fantasia divina e attribuisce quell’acqua alla Majella.
Pierluigi spiega: «La Majella è geologicamente, come tutti gli Appennini, formata da roccia calcarea. A differenza del Gran Sasso e del Morrone non ha prevalenza di dolomia, roccia calcarea più dura che permette il ristagno di acque naturali, per questo non troviamo acqua. Questa mega cupola agisce da serbatoio, è piena di sgrottamenti, tant’è che gli eremi e le officine paleolitiche derivano da questa geomorfologia, di conseguenza, l’acqua scorre a bassa quota fino a San Tommaso».
Ercole, non disperare, il progresso ti ha dedicato uno spazio nei musei. Le statuette in bronzo sono infatti conservate al Museo Naturalistico ed Archeologico Paolo Barrasso a Caramanico. Non sono le uniche in Abruzzo. Il Dio, a cui viene aggiunto l’epiteto Curino, da “Quirinus”, origine di curia, legato alla figura di Romolo divinizzato, è presente a Badia, una località di Sulmona. Grazie agli scavi archeologici è rinvenuto il sito di un santuario italico dedicato a Ercole Curino.
Sotto la terra aquilana, ad Alba Fucens, adagiava la statua, in marmo, imponente di Heracles Epitrapezios, conservata al Museo Villa Frigery di Chieti insieme al bronzetto di Ercole ritrovato, nel già citato, sito archeologico di Sulmona. Questa, attribuita a Lisippo, scultore fra periodo classico ed ellenistico e ritrattista ufficiale di Alessandro Magno, è stata esposta nei musei di Los Angeles, Washington e New York.
Il forte eroe che, secondo il mito, scorticò il leone di Nemea, divoratore di bestiame, uccise gli uccelli mangiatori di raccolti e ripulì in un giorno le stalle di Augia, dimostrava essere, per il popolo sunnita, l’eroe perfetto. Quelle antiche genti d’Abruzzo dedite all’agricoltura, all’allevamento e che a settembre migrano, “scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti”. Avevano bisogno di protezione, lì su quella cima che offriva loro il “sapor d’acqua natìa”.
Abruzzo terra da scoprire
L’Abruzzo in quei Parchi Nazionali nasconde i misteri di un popolo che non si arrende alle fatiche che il territorio aspro offre e offriva. Quegli spazi verdi molto spesso sono sconosciuti, nella Piana del Luco, sottolinea Pierluigi, «non è presente sentieristica ufficiale. La valle dell’Orta è una riversa integrale che cade in zona A. Sussistono delle condizioni ambientali tali per cui la biodiversità deve essere sviluppata al massimo». La cooperativa Majambiente si impegna per diffondere la bellezza di quel territorio organizzando visite guidate, quella chiesa ricca di mistero, fascino e storia si erge nell’ombra di una terra che ha bisogno di luce. «Abbiamo fatto lì dei concerti di musica antica con i liuti. Sono riusciti alla grande. Ora il parroco ha chiesto l’affitto. Non organizzeremo più nulla». L’affitto per cosa? Per limitare la diffusione di conoscenza o per inserirla nel circuito del mercato, capitalizzandola?
La chiesa di San Tommaso con quell’acqua sorgiva, naturale e pura sporcata solo da monete grigie e rosse si mescola al pagano. Singolare è la sopravvivenza della cripta. Le donne anziane forse conoscendo della fortuna della Fontana di Trevi e non potendo raggiungerla si accontentavano di gettare una moneta in quel piccolo pozzo. “Per ora, caro nipote, la fortuna chiediamola ancora ad Ercole, è tempo di raccolti”.
Un luogo riconosciuto nel 1902 come Monumento Nazionale che ha bisogno di essere raccontato. Pensiamo che, al suo interno, fra le macchie di umidità al fianco di immagini sacre, non è presente nessun tipo di informazione sull’origine della cripta.
Le montagne la proteggono e la chiudono, auspichiamo nella diffusione da parte di chi ha la giusta sensibilità non sprofondando nel rumore di troppe fotografie che la allontanano dal suo prezioso culto.
Be First to Comment