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Sofia D’Arrigo
Forse tutti quei nomi non erano mai finiti insieme nello stesso giornale, nello stesso giorno. Per ottenere un effetto simile probabilmente , andrebbe ideato un nuovo manuale di storia da adottare nelle scuole scritto da autori siciliani.
Un brivido risale su per la schiena per ogni pagina dello speciale che il quotidiano della famiglia Ardizzone ha dedicato ai suoi 160 anni. Il Giornale di Sicilia, con la cronaca di ogni giorno, ha raccontato la storia a tal punto che – leggendo bene tra le righe – potremmo dire che ha contribuito a farlo quel pezzo di storia. Ne è prova la memoria di Mario Francese, uno che da cronista, si è ficcato nei meandri delle losche mafiose facendo luce su nomi e famiglie malavitose molto prima degli illustri magistrati che presiedettero il maxiprocesso nel 1986. Francese era stato assassinato per mano della mafia nel 1979.
Ma il numero del 7 giugno non è una commemorazione, per quanto siano decine le prime pagine raffigurate che riportano omicidi e stragi. GdS ha la pretesa di addurre che la Sicilia è forse, per davvero, la chiave di tutto. “Raramente la cronaca incontra la storia, ma quando questo avviene non di rado il crocevia è la Sicilia”, scrive Riccardo Arena a pagina XII dello speciale. Invocate, per averne riprova, la memoria di Franca Viola che rifiutò un matrimonio riparatore grazie al quale – secondo la legge del tempo – uno stupratore poteva rifarsi il casellario vergine.
Potremmo ripercorrere gli anni impietosi del dominio mafioso in Sicilia – pensate un po’ – senza ricorrere a Falcone e Borsellino – perché di nomi imponenti è imbastito l’intero numero, carattere per carattere: nomi che hanno forgiato il presente e inciso sul futuro: Libero Grassi, il primo imprenditore che si ribellò al pizzo, Padre Puglisi, il prete ammazzato alla luce del sole, Peppino Impastato e gli altri, tutti gli altri i cui destini oggi appaiono incrociati, sovrapposti. Da brivido.
Sarà finito anche nelle sue mani domenica, direttamente a Roma, tra le mura del Palazzo dove ha vissuto i mesi difficili dell’emergenza, Sergio Mattarella. La prima pagina porta la sua firma: è l’augurio alla testata storica siciliana per il suo anniversario storico. “Anche l’informazione esce cambiata dalla pandemia – scrive il Presidente – la carta stampata e in genere tutto il comparto dell’editoria affronta oggi un tornante assai arduo, che ne aggrava le difficoltà del processo di trasformazione in atto”. Sa bene quanto essenziale è il servizio offerto dall’informazione in virtù di quell’articolo 21 che un costituzionalista come lui conosce bene. Non a caso, le edicole sono rimaste aperte durante l’ora più nera dell’emergenza, tra le strade deserte sventolavano ancora le essenziali prime pagine.
Ma qualcos’ altro lega inesorabilmente Mattarella allo speciale 160. Ed è il suo cognome, lo stesso del fratello Piersanti, il democristiano già presidente della Regione Sicilia, il primo a venire eletto con una maggioranza di voti che arrivarono anche dalle fila del PCI. Dopo anni di connivenza tra Dc e mafia, il riformista Mattarella aveva provato a seguire la direzione della politica con le carte in regola. Verrà ucciso da un kalashnikov a bordo dell’auto in cui viaggiava con la moglie e i figli. Sergio Mattarella, il fratello, ne raccoglie l’eredità politica fino all’elezione a Roma.
Quaranta pagine per capire la Sicilia di ieri e di oggi. L’isola della dinastia dei Florio, dell’industria di tabacco, vino e tonno, ma anche pancia culturale dell’intero Mediterraneo. Museo a cielo aperto con il patrimonio da record, amaramente titolato “bellezza senza tesoro”. Il Giornale di Sicilia c’era per raccontare due sbarchi che avrebbero fatto nascere l’Italia due volte, quello di Garibaldi, poi divenuto dittatore dell’isola, e quello degli americani, per decretare la fine della Seconda Guerra Mondiale; c’era, con l’influenza Spagnola in prima pagina, per la stagione delle stragi, il terremoto del Belice, per raccontare le sue città e la sua gente, e non gente qualsiasi.
Si è pregiata nel tempo delle firme di Leonardo Sciascia, Hugo, Flaubert, Verga, Pitré. La Sicilia – spulcia nei suoi archivi il gioranle – si è distinta nello sport: nelle corse, soprattutto; ma anche nel calcio, basti pensare che diversi campioni del mondo del 2006 erano appena passati da Palermo: Toni, Grosso, Barzagli, Barone. O al tennis, dice nulla un certo Cecchinato? Se non bastasse a capire ancora che la Sicilia ha fatto l’Italia, GdS cala l’asso: Pippo Baudo. Caso chiuso.
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