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Sono le 20:57. È il 27 Giugno del 1980. Un aereo mobile della compagnia Itavia, partito da Bologna, è in fase di atterraggio diretto all’aereoporto di Palermo. Passano appena due minuti. Nel cielo accade qualcosa, qualcosa di terribile. Il Dc-9 esce dai radar e non comparirà mai più. Verrano ritrovati i rottami in mare, il giorno dopo al largo di Ustica. Ottantuno vittime, dodici ragazzi, nessun superstite.
La Strage di Ustica è vittima di giochi di potere e di continui depistaggi negli anni, per arrivare ad oggi, 40 anni dopo, senza alcuna verità certa su cosa successe in quel pezzetto di cielo la notte del 27 giugno 80.
La vicenda
La scomparsa e il successivo ritrovamento dell’aereo Itavia fanno subito pensare ad un attentato terroristico, linea che più avanti si eclisserà sempre più. Nonostante il ministro della difesa Lagorio riferì che quella sera in cielo “c’era solo un aereo che volava”, il 18 luglio, 23 giorni dopo la strage vengono rinvenuti i rottami di un Mig libico sul monte Sila. Nel novembre dello stesso anno un esperto della National Transportation Safety Board american, l’agenzia per la sicurezza di volo, precisa che nei radar è presente una manovra di attacco al DC-9 Itavia. Nel dicembre lo stato maggiore dell’Aereonautica in una nota ufficiale alla magistratura, riferisce che l’aereo è caduto in una zona libera da voli, e l’incidente è da imputarsi ad un cedimento strutturale del veicolo.
Passano alcuni anni e il mistero si infittisce sempre più, ai piani alti nessuno vuole parlare di questa vicenda. Il 6 maggio del 1988, nel corso di una trasmissione televisiva, un anonimo che si identifica come aviere in servizio ai radar di Marsala, denota che le tracce di altri velivoli sui radar erano evidenti, ma che avevano invitato i dipendenti a “farsi i fatti propri”.
Nel 1989 il collegio dei periti Blasi consegna una relazione in cui si evidenzia che il DC-9 è stato abbattuto da un missile. Successivamente alcuni periti si discostano da questa tesi. Nel frattempo vengono incriminati per falsa testimonianza e favoreggiamento 23 militari e funzionari che erano in servizio la sera del disastro. Il 15 gennaio del ‘92 vengono incriminati altri 13 funzionari e alti ufficiali dell’aeronautica accusati di depistaggio, alto tradimento, falsa testimonianza.
La svolta del 1999
Diciannove anni dopo la strage, emergono nuovi punti e si inizia a fare luce sulla vicenda. In particolare viene consegnata al giudice Priore una relazione redatta dai periti radaristi in concomitanza con la Nato in cui si sostiene che l’incidente al DC-9 è stato vittima di un attacco ad un secondo aereo nascosto nella scia del volo di linea DC-9. Si sostiene che il Mig libico, rivenuto nello stesso anno sulla Sila, si sia nascosto nella scia del volo di linea per scomparire dai radar nemici. Si delinea una pista, ma i tempi della giustizia diventano sempre più lunghi e la vicenda va incontro a prescrizione. Nel 2008 Francesco Cossiga punta il dito contro la Francia dicendo che il missile che ha colpito il veicolo è partito da aerei francesi. Nell’ottobre del 2013 la Corte Suprema conferma la pista missilistica per l’abbattimento del velivolo. Nel 2015 i giudici della terza sezione civile di Palermo diranno che ad abbattere il velivolo Itavia è stato un missile o una collisione con un altro velivolo.
Ad oggi non c’è una verità, non c’è una sentenza, non c’è un responsabile. I continui depistaggi ai piani alti e le condanne a più di 30 funzionari e militari in servizio quella notte fa presagire che in ballo ci fossero giochi di potere e questioni che vanno al di là di un incidente tra velivoli.
In un video, il ricordo della strage di Ustica.
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