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Prendi un romanzo cult anni 90. Oppure l’omonimo film degli anni Duemila. Che aspetto avrebbero se fossero riadattati al tempo presente? Proprio questo. High fidelity, la serie Hulu pubblicata a febbraio 2020, disponibile su Amazon Prime video e Starzplay, non stravolge la storia scritta da Nick Hornby. Se non che qui Rob è una donna -una magnetica Zoë Kravitz, protagonista e produttrice esecutiva- e niente sembra fuori posto o forzato.
La seconda grande protagonista rimane senza dubbio la musica, non soltanto punteggiatura, sottofondo, ma parte della vita dei personaggi in maniera intrinseca.
Una commedia non esattamente romantica, che mette sottilmente in scena una crisi alla soglia dei trent’anni, insieme ad una retrospettiva sulle proprie scelte passate.
La storia
Robyn “Rob” Brooks ha quasi 30 anni, un negozio di vinili e una vita sentimentale che non è mai veramente decollata. Decide così di ripercorrerla lungo la all time top five most memorable heartbreaks list, l’elenco delle sue peggiori cinque rotture, per capire cosa sia andato storto. Tra vecchie e nuove storie, Rob tenta di capirsi. È lei quella sbagliata, o i suoi ex? In mezzo al fidanzatino delle medie, una ragazza travolgente e Simon, che ha messo fine alla loro storia quando ha realizzato la propria omosessualità ed è ora un suo dipendente, Rob tenta maldestramente di infilare anche qualche nuova frequentazione. Ma nemmeno queste riescono a soddisfarla, o meglio, forse è lei che non riesce a soddisfare chi ha davanti, risultando sfuggente e lunatica.
Come nella più profonda delle ricerche, forse è proprio sé stessa che Rob sta cercando. Per fare questo, trascura i sentimenti di chi la circonda, lasciandosi al centro dell’attenzione.
Il richiamo costante del passato
Nonostante l’ambientazione recente, High fidelity è impregnato di nostalgia. A partire dal negozio di vinili e cassette, uno degli emblemi più scontati del vintage e dei puristi del suono. Non più la Londra del romanzo di Hornby o la Chicago del film diretto da Stephen Frears. Qui siamo a New York, e la vita si svolge tutta nello stesso quartiere, salvo poche eccezioni. Una manciata di strade che sembra quasi una città a se, ferma nel tempo, se non fosse per i moderni telefoni cellulari e i rari cenni ad Instagram che riportano al presente.
Rob è quindi come il suo Championship Vynil, animata da passione, ma una passione rivolta al passato che rifiuta di focalizzarsi pienamente nel presente. In questo modo il personaggio di Kravitz è distratto, concentrato sulla propria vita fino a sforare nell’egoismo, senza rendersi conto di ciò che le gravita intorno. Gli amici le stanno vicino, sopportano i suoi colpi di testa, ma lei forse preferisce chiudersi nella musica, senza ripagare le attenzioni ricevute. Impeccabile nell’aspetto, bellissima, stilosissima e sicura di sé, ma egocentrica, carente nell’esprimere e capire i propri sentimenti, maldestra nel rispettare quelli altrui. Uno spirito libero incapace di accettare le conseguenze di questa libertà. Così non basta “mettere una pezza” sui propri danni, e i risultati non sono sempre ottimi.
La musica al centro di tutto
Zoë Kravitz risulta credibile nella parte di amante e profonda conoscitrice della musica, forse perché nella vita reale figlia- oltre che di Lisa Bonet, presente nella versione cinematografica del 2000- di una rockstar come Lenny Kravitz.
Forse l’unica “alta fedeltà” che Rob riesce a dimostrare è proprio quella per la musica, che la aiuta a comunicare, a capirsi quando può, a rifugiarsi e trovare risposte nei Grandi- nel culmine dell’indecisione compare persino la visione di Debbie Harry dei Blondie- motore della vita dei personaggi.
Le carenze, non in senso cinematografico, ma empatico, di Rob sono compensate dagli altri personaggi. Tra tutti spiccano Simon (interpretato da David H. Holmes) a cui è dedicato quasi un interno episodio, che riprendendo la struttura della serie, ripercorre le rotture più significative anche per lui; Cherise (Da’Vine Joy Randolph), amica e dipendente del negozio di Rob, caotica e molto, molto estroversa, per nascondere il lato più emotivo di sé non ha forse lo spazio sufficiente per sviluppare tutto il suo potenziale narrativo.
Sfortunatamente la rete Hulu ha deciso di non rinnovare la serie per una seconda stagione. Peccato perché, senza voler fare spoiler, il finale così neutro non è quello che, dopo dieci episodi e una certa affezione per la protagonista, lo spettatore sognerebbe per lei.
Per calarsi nell’atmosfera nostalgica e da vero fedele della musica, su Spotify è disponibile una playlist contenente i brani che si possono sentire lungo le dieci puntate di High Fidelity.
Chiara Verra
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