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Se dividiamo la musica in periodi storici, ci accorgeremo che subito acquista rilevanza, nell’epoca contemporanea, la cosiddetta “nuova scuola romana”. È una scuola che nasce nei primi anni ‘90, radunata attorno a “Il Locale”, storico pub in vicolo del Fico, tra Piazza Navona e Campo De’Fiori, neanche 180mq ma un palchetto e tre scalini su cui si sono affacciati e formati un’intera generazione di artisti. Da Fabi-Silvestri-Gazzè ai Tiromancino a Frankie Hi-Nrg Mc fino a Pierfrancesco Favino, Il Locale era uno dei luoghi più fervidamente culturali di Roma. Tra i citati, uno che quasi ci dormiva lì dentro era proprio Daniele Silvestri.
Cantautore raffinato e dalla fantasia pressoché illimitata, nel 1995 esce col suo secondo disco, Prima di essere un uomo. Il disco fu la chiave per Daniele per entrare nel “giro giusto”, spalancandogli le porte di Sanremo, dove porterà “L’uomo col megafono”. Il brano parla di uomini persi, nella loro rabbia e in uno smarrimento esistenziale dovuto alla condizione di essere solo uno tra molti. Inutile dire che a Sanremo ebbe pochissimo successo, arrivò ultimo nella sezione Nuove Proposte ma viene ricordato ugualmente per la vittoria del premio Volare come miglior testo oltre alla singolare esibizione in cui Daniele portò in scena dei cartelloni con il testo, che faceva scorrere come fosse un gobbo per il pubblico, probabile omaggio al video di Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan, contenuto in Don’t look back, documentario sul tour inglese del 1965 dell’artista americano.
Prima di essere un uomo è di sicuro uno degli album in cui la poetica di Silvestri è più ispirata, la prova tangibile la troviamo in un grande classico della sua produzione: Le cose che abbiamo in comune, una dichiarazione d’amore particolare ma trascinante che mette al centro l’importanza delle piccole cose, tema che ritroveremo anche nella successiva L’Y10 bordeaux. La title-track invece è un blues con una morale, ripetuta nel ritornello: Bisogna essere ottimisti fino in fondo/perché potrebbe essere domani la fine del mondo. Altro classico silvestriano che troviamo in questo album è Frasi da dimenticare, brano dall’incedere quasi gitano, indubbiamente latino, che riflette sull’importanza di farsi trovare sempre pronto a dire qualcosa in ogni contesto, a costo di risultare stantii, banali, prevedibili.
Prima di essere un uomo è stato di sicuro uno degli album più importanti per la carriera di Daniele Silvestri, il disco che insieme al successivo Il Dado, uscito appena un anno dopo, consacrerà definitivamente il cantante romano e la sua poetica asciutta, essenziale ma mai convenzionale, con testi cesellati quasi con lo scalpello (le continue allitterazioni de L’uomo col megafono ne sono un esempio lampante) ed immagini fresche e vividamente disegnate. Un preludio al successo che Silvestri otterrà negli anni, un tassello fondamentale nella sua storia e in quella degli anni Novanta musicali italiani.
Mario Mucedola
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