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Un silenzio assordante per raccontare la violenza. Ciervo, il cortometraggio realizzato come tesi da Pilar Garcia Fernandezsesma, studentessa della Rhode Island School of Design, è stato premiato in tutto il mondo ed è ora disponibile integralmente online.
Il tema delicato e tristemente sempre attuale è la violenza domestica, vissuta attraverso lo sguardo e la pelle di una bambina. Un padre reso cieco dalla propria ferocia, la riversa indistintamente sugli animali, sulla compagna e sulla figlia. Una donna e una ragazzina rese impotenti di fronte all’ira dell’uomo, che sembra riacquistare umanità solo quando lui stesso cade vittima della propria brutalità.
Non ha gli occhi quel padre. Compaiono solamente alla fine, quando rimane incastrato in una trappola per animali da lui posizionata. In quel momento appare uomo, fragile, la persona come quelle su cui esercita una mostruosa prepotenza che è in realtà manifestazione di inferiorità. Per simboleggiare la furia l’autrice utilizza una nuvola di fumo denso che si espande e raggiunge ogni angolo. Come il fumo, la violenza si infila dappertutto fino a entrare dentro chi la subisce.
Agli abusi si alternano gesti di affetto, come spesso accade: baci, carezze, regali, che vengono vissuti dalla bambina allo stesso modo delle botte. Quello che forse più colpisce è la mancanza delle parole. Nemmeno una ne viene pronunciata dai personaggi. Oltre che dai suoni della natura e dai rumori delle azioni quotidiane, il pesante silenzio è spezzato solamente da una musica di percussioni e vocalizzi realizzati dalla stessa illustratrice e animatrice.
Il silenzio infatti, spesso riempie le case in cui si vive la violenza. Mancanza di dialogo e difficoltà a trattare l’argomento, paura e rassegnazione da parte di chi subisce, disinteresse e incomprensione da parte di chi esercita l’abuso. Molte volte si alternano le grida, gli insulti, il rumore delle percosse al silenzio più totale, che è a sua volta una violenza psicologica soprattutto quando sono i bambini a viverlo. Allo stesso tempo rimangono gran parte delle volte nel silenzio queste situazioni, non denunciate, ignorate o sottovalutate.
La “pandemia ombra”
È definito così da UN Women, agenzia dell’ONU per l’uguaglianza di genere, l’incredibile aumento della violenza di genere che si è registrato nel corso della pandemia. Costrette in casa per contenere la diffusione del virus molte persone si sono ritrovate a passare intere giornate coi propri aguzzini, che sono spesso mariti, padri, compagni, coloro che più di tutti dovrebbero amarle. Ad aggravare la situazione è anche la difficoltà economica e la perdita del lavoro che molte donne hanno subito, che le rende dipendenti da chi fa loro del male e alimenta la strategia di controllo esercitata dall’abusante.
Sono aumentate le richieste di aiuto ai centri antiviolenza e le chiamate al numero gratuito 1522 – a cui si può rivolgere telefonicamente ma anche via chat chi è vittima di violenza o stalking. Sono tragicamente aumentati anche i femminicidi, uno ogni tre giorni in Italia. Era purtroppo prevedibile che con il confinamento in casa tutto questo sarebbe successo: è aumentato il tempo trascorso nel luogo e sede degli abusi, i contatti con il mondo esterno si sono interrotti, molte persone che subiscono questo tipo di violenze non hanno accesso neppure al telefono proprio a causa dell’impedimento imposto dall’abusante che lo sequestra o lo controlla.
Quando la vittima è un uomo
A subire la violenza domestica non sono solamente le donne e i bambini. Non mancano le denunce da parte di uomini che vengono sottoposti ad abusi fisici o psicologi. La questione è complessa e i dati sono falsati dalla tendenza degli uomini a tacere queste situazioni a causa dello stereotipo che li costringe ad apparire forti e autoritari.
C’è spesso imbarazzo e vergogna da parte di un uomo che si trova vittima di una donna o di un altro uomo. Così come anche il timore di poter essere accusato di mentire, di essere lui in realtà il colpevole. Il tipo di violenza che subiscono uomini e donne si somiglia: abusi fisici, sessuali, psicologi. Questi ultimi spesso quando sono rivolti ad un uomo vanno a minare l’autostima riguardo la propria virilità e abilità sessuale. Anche il problema degli abusi sessuali subiti dagli uomini è oltremodo sottovalutato, a causa del luogo comune che vede il maschio come sempre voglioso di sesso e debole nel momento in cui rifiuta un’offerta erotica.
Il nemico comune è il sistema patriarcale con la mascolinità tossica che ne deriva. Da un lato l’uomo che si sente in diritto di imporsi sulla donna, sulla bambina, sul bambino, sugli altri uomini, che sfoga una violenza atroce in nome della sua presunta autorità naturale. Dall’altro lato l’uomo che, sempre in nome della stessa, non ha il diritto di essere vittima, pena l’umiliazione.
Chiara Magrone
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