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In questa settimana si sta “celebrando” il primo compleanno del Covid-19. È un compleanno che avremmo evitato volentieri ma, essendo il festeggiato ancora tra noi, spinge ad alcune considerazioni. In questi 12 mesi sono cambiate le nostre abitudini, il modo di relazionarsi tra le persone. Abbiamo imparato a starci a distanza, a incontrarci all’aperto o in videochiamata e a fuggire le occasioni di pericolosi assembramenti. Molti di noi hanno iniziato a lavorare in smart working, altri hanno rinunciato ai mezzi pubblici, tutti ci siamo dimenticati di com’era andare ai concerti. I concerti, tsé. Duemila persone a sudare ed urlare, tutte attaccate, altro che droplets, altro che zone colorate, altro che precauzioni.
Così dal 27 febbraio 2020 i live club, le sale da concerti, le associazioni in cui si fa musica dal vivo sono state chiuse. E per motivazioni che ancor oggi sfuggono all’umana comprensione, i codici Ateco relativi a questo tipo di rappresentazioni artistiche, a differenza di quelle nei teatri o nei cinema, sono rimasti fuori dagli allegati dei decreti che prevedono ristori per i lavoratori. Chiusi da un anno, quindi, per giunta senza forme di sostegno economico.
Eppure secondo i dati SIAE, le attività legate alla musica dal vivo rappresentano il primo settore per numero di presenze. È il secondo settore dopo il cinema per quantità di spettacoli, ed è il secondo settore dopo lo sport, anche per l’indotto generato. A livello di comparto coinvolge ogni anno sette milioni di persone e fornisce lavoro a circa trentamila professionisti.
Timide proteste
Ci sono state delle timide forme di protesta, come la manifestazione Bauli in piazza, che ha visto centinaia di addetti-parte delle filiera degli spettacoli dal vivo riuniti in Piazza Duomo a Milano, in un’atmosfera surreale e coreograficamente deliziosa ma che si è tradotta in una foto triste e nulla più. Ci sono stati “manifesti” come La musica che gira, che è in sostanza un coordinamento di artisti, lavoratori, imprenditori e professionisti della musica e dello spettacolo, costituitisi in un’associazione allo scopo di far fronte alla crisi del settore ma che si è più che altro avvicinata all’abusata forma dell’appello da firmare che ciclicamente propongono le forze politiche extraparlamentari per opporsi a questo o quel fatto, senza sortire effetto alcuno.
Quel che più fa rabbia è che le associazioni in questione erano riuscite ad imbastire un tavolo tecnico con il ministro Franceschini, per prevedere delle misure per i lavoratori dello spettacolo ma la crisi di governo ha messo tutto in stand by.
L’Ultimo Concerto?
Quasi 130 live club, sparsi lungo tutto il territorio italiano, hanno allora deciso di porre e porsi una domanda, tanto semplice quanto spiazzante: ci sarà un ultimo concerto o c’è già stato? L’iniziativa è promossa da KeepOn Live, Arci e Assomusica, con la collaborazione di Live DMA ed ha l’obiettivo di creare una vera e propria «mappa di punti interrogativi che costellano l’intero Stivale», con cui scuotere i piani alti, per far sì che non sia davvero la fine del settore.
Federico Rasetti, direttore di KeepOn Live ha parole di fuoco per spiegare l’iniziativa: «L’Ultimo Concerto? nasce dall’esigenza di farsi sentire in maniera ferma: da inizio pandemia si sono spese decine di campagne, di voci, ma praticamente nessuna in favore degli spazi, nonostante sia la chiusura di questi che ha provocato il blocco a cascata di molte professioni e dell’aggregazione sociale.
Pochissime persone sanno davvero le difficoltà che attraversano questi spazi e sono a conoscenza del rischio concreto che la maggior parte di loro possa non riaprire». E se queste parole sono gravi ma ancora velleitarie, la situazione diventa drammatica quando si parla dei freddi numeri: nel 2020, il fatturato dei club è crollato del 90% ma solo grazie a gennaio e febbraio, mesi in cui si è lavorato a pieno ritmo, infatti nel 2021 la diminuzione del fatturato è pari al 100%. «E così sarà per diversi mesi» – aggiunge Rasetti – «Abbiamo sentito i gestori dei locali e solo un 30% si dice sicuro di riaprire. Intere regioni e città rimarrebbero senza spazi per la musica dal vivo. Sarebbe uno scenario sostenibile?».
La questione diventa ancor più paradossale se ci aggiungiamo un dato economico semplice: «Abbiamo stimato che per salvare questo settore basterebbe una copertura finanziaria totale compresa in una forbice fra i 4 e i 6 milioni di euro. Spiccioli, se paragonati agli esborsi erogati per altre categorie».
Per tutti questi motivi, L’Ultimo Concerto? avanza delle proposte circoscritte, che vanno dalla necessità di definire misure di blocco delle imposte e sistemi di compensazione economica proporzionali all’impatto subito dal settore, fino al riconoscimento valoriale e istituzionale della categoria dei live club come sale spettacolo per la musica contemporanea dal vivo con pari dignità di cinema e teatri, che permetta di accedere ad agevolazioni e misure di sostegno stabili ma che soprattutto inneschi un meccanismo che di fatto vada a riformare tutto il contesto dello spettacolo dal vivo.
L’iniziativa
Per accendere le luci su questa situazione, molti dei 130 club che hanno aderito all’iniziativa, stanno organizzando un concerto gratuito in live streaming per sabato 27 febbraio, il giorno in cui si sono registrati i primi annullamenti dei concerti previsti. I concerti si potranno seguire sul sito ultimoconcerto.it e coinvolgeranno artisti di primo piano, tra i quali:
99 Posse del Duel Club di Pozzuoli (NA)
Bobo Rondelli dal Borderline di Pisa
Brunori Sas, Naip e Cimini dal Mood Social Club di Rende (CS)
Colapesce e Dimartino dai Magazzini Generali di Milano
Cosmo dal Fabrique di Milano
Elio e le Storie Tese dal Campus Industry di Parma
Giorgio Canali dal CAP10100 di Torino
I Ministri dal New Age di Roncade (TV)
Lacuna Coil dall’Alcatraz di Milano
Lo Stato Sociale dal Locomotiv di Bologna
Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo dal Bloom di Mezzago (MB)
Marina Rei dall’Arci Angelo Mai di Roma
Marlene Kuntz dal Fabrik di Cagliari
Max Collini da Idee di Gomma di Correggio (RE)
Pinguini Tattici Nucleari dallo Spazio Polaresco di Bergamo
Punkreas dal Circolone di Legnano (MI)
Renzo Rubino dal Castello Volante di Corigliano d’Otranto (LE)
Roby Facchinetti dal Druso di Bergamo
Roy Paci dal Candelai di Palermo
Subsonica dall’Hiroshima Mon Amour di Torino
Sud Sound System e Après la Classe dal Demodè di Modugno (BA)
Tre Allegri Ragazzi Morti dall’Astro Club di Fontanafredda (PD)
Zen Circus dal The Cage di Livorno
Seguire l’iniziativa diventa un obbligo morale da parte di chi ha a cuore il destino del mondo della musica e, oltre ad essere una piacevole occasione per passare una serata in compagnia di molti artisti di rilievo, diventa anche una circostanza per riflettere su cosa consideravamo fondamentale prima della pandemia, e a cosa siamo disposti a rinunciare, a quali categorie siamo disposti a sacrificare, in nome di un’emergenza cui alcuni sembrano ancora non voler credere.
Mario Mucedola
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