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La seconda serata è sempre quella più difficile nella gestione di un Festival. Se la prima va bene, bisogna mantenere il livello; se la prima va male bisogna correggere il tiro in corsa. Se la prima è stata così così, bisogna impegnarsi perché rimanga esattamente così così.
Amadeus invece riesce nell’operazione suicida di sbagliare l’ordine degli artisti in gara – o meglio – sbagliare il mix delle due serate. Se martedì sera infatti si sono alternati picchi di buono a vette di osceno, nella seconda serata di ieri sera il livello è stato generalmente mediocre e quelle due cose decenti che si sono viste sembravano oro, salvo poi scoprire che dentro c’era il cioccolato.
La gara
Non posso non partire dal motivo per cui si era tutti incollati davanti allo schermo. Lei, la queen di Cavriago: Orietta Berti.
Esce prima delle 22 perché l’ultima volta che è uscita dopo quell’orario si è trovata tre pattuglie della polizia alle calcagna. I rumours dicono che nel backstage ci sia suor Adelina per metterla a letto subito dopo l’esibizione. Porta il pezzo più sanremese in senso stretto degli ultimi anni e va bene così, sarebbe stata ridicola una versione moderna di se stessa. Si vede che le mancano pochi mesi di contributi per la pensione ed è lì solo per quello. Comunque non un’emozione, non una stecca. Sembra nata per stare su quel palco, se fossimo qui a dare voti, oscillerebbe tra il 9.75 e il 10.
Lo Stato Sociale porta una vera e propria performance, la canzone passa in secondo piano soffocata dalla ricerca di Lodo e da un mare di citazionismo, dagli Skiantos al Bugogate al Papa a Freddie Mercury. In un mondo di John e di Paul loro sono l’amico simpatico che ti porti alle feste per rompere il ghiaccio e poi si limona quella che ti piace.
La Rappresentante di Lista porta un pezzo in cui la mano di Dardust si sente molto di più rispetto alla produzione di Madame. Come se avesse dovuto operare una scelta per poi prediligere l’artista in cui crede di più. Un po’ Coldplay ma ci sta bene uguale, è se non altro un’ottima occasione per far emergere il talento dei due ragazzi.
Da riascoltare Fulminacci, che arriva sul palco visibilmente adirato per essere stato chiamato alle 0.36 ma gli si vuole bene lo stesso, non fosse altro che con quella Taylor baby (riproduzione in scala 3/4 di chitarre da più di 1000€ che proprio per essere più piccole del normale costano anche un sacco meno) a tracolla ha ricordato al pubblico intero che noi giovani avremo sì del talento ma quel che ci manca sono i soldi.
Ermal Meta fa l’Ermal Meta, un lentone romantico che rende croccanti diverse mutande a casa e che si impone da subito ai vertici della classifica: a prescindere da come andrà lui resta sempre su un livello alto.
Le note dolenti a livello musicale sono invece Malika Ayane, che nonostante Pacifico alla penna porta un pezzo buono giusto per le tardone che ascoltano Radio Capital e inevitabilmente due “giovani” vecchi: Giò Evan e Random. Giò Evan “non risolve”, porta un pezzo fatto di sole parole, in cui non c’è un ritornello, non c’è un’idea melodica forte, c’è solo un Caparezza dopo un frontale contro un tir che si muove scoordinato come me quando provavo a mantenermi in forma. Random invece credo abbia adottato un nome d’arte perché neanche la famiglia vuole più sapere niente di lui. È difficile trasmettere emozioni attraverso una canzone, siamo d’accordo, ma non sono così convinto che il giovane rapper, di tutte le emozioni possibili, volesse farmi provare proprio l’imbarazzo.
La serata si chiude con l’esibizione di Irama, che rischia di essere il primo vincitore “in contumacia” di Sanremo. La canzone, “La genesi del tuo colore” affronta il tema del decreto che ha istituito le zone gialle, arancione e rosse. Anche qui la produzione è affidata a Dardust che apre il cassetto, trova Random Access Memories dei Daft Punk, lo mette nello stereo, ascolta il vocoder su Give Life Back to Music e pensa che sia un’idea esagerata spacciare per modernità, sul palco di Sanremo, un effetto che nel mondo ormai quasi non si usa più. Risultato? Eh, il risultato è che Irama tira fuori uno dei brani più belli della sua carriera finora, il che è tutto dire, e la classifica lo spara in alto come se fossimo al circo e lui fosse la donna cannone. (Mario)
Per ascoltare le cose migliori bisognerà attendere Willie Peyote sul tardi. Il sacro ascolto in cuffia potrebbe riabilitare alcune canzoni, ma bisogna ammettere che fino a dieci anni fa uno come Random non sarebbe neanche finito nel radar del Festival. In compenso, la quota siciliana dei cantanti in gara quest’anno sta facendo un figurone: martedì con Colapesce e Dimartino, ieri La Rappresentante di lista ha dato prova di personalità, idee musicali, senso delle parole. In più, scelgono una mise coraggiosissima. Anche Davide Shorty, tra le nuove proposte e palermitano, mette in cassa la finale di venerdì. Questo basta a salvare una nuova generazione musicale che porta se stessa in quello che fa. (Sofia)
Gli ospiti
Ma durante la serata c’è stato spazio per molto altro, a cominciare dagli ospiti:
Laura Pausini vestita come la Madonna Addolorata di San Severo ed esordisce col suo marchio di fabbrica. “La solitudine”? No, il suo “Grassieee”. Irritante come la candeggina nell’esofago.
Toccante il momento dell’omaggio a Ennio Morricone, che però si trasforma subito in vilipendio di cadavere per colpa di quei cagamuri de Il Volo.
Sul finale di serata, quando ormai tieni botta grazie alla taurina arrivano Gigliola Cinquetti, Fausto Leali e Marcella Bella sul palco tutti insieme e la serata si trasforma subito in RSAnremo. Mi viene in mente quel trailer di Maccio Capatonda, “non ho mai visto tanta vecchiaia in un solo uomo”.
Ma c’è ancora spazio per Gigi d’Alessio con i suoi spacciatori, che comunque porta il momento più fresco sul palco dell’Ariston, soprattutto se paragonato ai tre di prima.
Achille Lauro annuncia su Instagram una mise ancora più provocante di quella di ieri ma poi interpreta Milva o Mina sulle note di Bam Bam Twist supportato da Claudio Santamaria e Francesca Barra che ballano come nel video ufficiale della canzone. Il secondo quadro è quindi quello del twist ed è forse quello più innocuo del quintetto, voglio sperare.
Diciamolo chiaramente: le cose migliori fino a questo momento sono arrivate dalle donne. Matilda de Angelis ed Elodie brillano di luce propria, anzi inondano tutto il resto. Sia per la loro bravura, sia perché il duo Amadeus – Fiorello dà a noia da mo’. Arrivano Loredana Berté o Laura Pausini e l’Ariston si accende. Cara Rai, a quando una bella virata in favore della competenza musicale mondiale che abbiamo in Italia e mettiamo una Laura Pausini come direttrice artistica del Festival? A proposito di donne, senza andare neanche troppo lontano ce n’è un’altra dentro la cabina di Radio 2 che prossimamente meriterebbe un ruolo di conduzione: Andrea Delogu. Prendere appunti, prego. (Sofia)
Ma parliamo di Elodie
Elodie. Ad Elodie, a mio modesto parere, non viene concesso lo stesso spazio (a livello di minutaggio) che è stato concesso a Matilda De Angelis. Quando però si prende il microfono scava intorno a sé un fossato profondo per rimarcare che è una popstar di prim’ordine. Il richiamo a Beyoncè era abbastanza inevitabile e non si offenda la Knowles (che sappiamo essere una nostra affezionata lettrice) ma Elodie stasera è stata capace di splendere ed illuminare un palco tendenzialmente adagiato su toni scuri. Bravissima, altro livello.
La classifica è sempre il momento più opinabile dell’intera manifestazione, e se abbiamo già accennato che Ermal Meta e Irama si prendono le prime posizioni, è ingiustificabile la “punizione” riservata a Bugo, che porta una canzone tutto sommato orecchiabile e chiaramente ispirata ai grandi cantanti italiani degli anni ’60 e ’70. Ma è solo la prima classifica, c’è tutto il tempo per scendere più in basso. (Mario)
Forse definirla la Jlo italiana è too much. Ma del resto, quando arrivò Conte gli fu dato l’epiteto di avvocato del popolo…Anyway, certo che ci è piaciuta Elodie. Anche quando ha raccontato la sua storia, ha detto di venire dal poco o nulla e di non avere neanche troppe opportunità per credere in se stessa. Le emozioni sono la commodity del ventunesimo secolo, solo a Sanremo sembrano non aver capito che uno show si condisce di questo. La sensazione è che ci sia poco sul palco, da tutti i punti di vista: il blocco Alex Schwazer andava gestito meglio. Non puoi rivolgergli solo le domande in cartella, senza guardare negli occhi l’uomo a cui è stata rubata la carriera e la dignità. La sua storia era tutta nel suo sguardo, e noi gli abbiamo messo accanto Amadeus. Vabbé. (Sofia)
Anche per oggi è tutto, questa sera un momento da sempre delicatissimo per Sanremo, la serata delle cover e dei duetti. Quale canzone verrà storpiata? A quale cantante a casa scoppierà il cuore per essersi visto rovinare magari un brano storico per due spicci di diritto d’autore? Lo scopriremo più tardi, con #SalgoaSanremo sulle nostre pagine social.
Mario Mucedola, Sofia D’Arrigo
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