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Di solito, quando si pensa all’inquinamento, le prime a venire in mente sono le grandi ciminiere che bruciano. Oppure si pensa alle automobili, agli aerei e agli allevamenti intensivi. Stranamente, non balzano mai in testa super inquinatori come l’esercito americano o Internet.
Quanto inquina Internet?
Internet è virtuale, quasi volatile, e sembra assurdo associarlo all’inquinamento. Come può emettere anidride carbonica se di base è intangibile? Eppure, la maggior parte degli studiosi è propensa nell’affermare che Internet è responsabile di quasi il 3,7% delle emissioni mondiali. Il motivo è semplice: lo scambio di dati su cui si basa il Web avviene in server e datacenter sparsi per tutto il pianeta, e questi apparecchi devono essere costantemente accesi e raffreddati per sostenere l’enorme mole di lavoro a cui sono costretti da tutte le persone connesse. Per funzionare in questo modo hanno bisogno di elettricità, e la maggior parte dell’energia elettrica viene ancora prodotta dai combustili fossili.
In realtà, è tutto molto relativo. Probabilmente una riunione in videochiamata inquina meno rispetto a tutti i partecipanti che raggiugono il luogo del meeting sui loro mezzi o in aereo, dormendo in albergo e consumando l’energia delle loro stanze, ma è anche vero che queste considerazioni risalgono a tempi in cui la pandemia non era neanche un’ipotesi. All’epoca l’uso di Internet era sì massiccio, ma non smodato come nell’ultimo anno.
Internet in tempo di pandemia
La pandemia è un evento troppo recente e ancora troppo poco studiato per capire se e quale impatto ha avuto sull’inquinamento, ma di certo non è stato irrilevante. Videochiamate, videolezioni, streaming, videogiochi… Probabilmente molta dell’anidride risparmiata per i viaggi non fatti è stata compensata dal tempo speso online.
Una ricerca condotta dalla Purdue University, da Yale e dal MIT ha dimostrato che un’ora di videoconferenza emette dai 150 ai 1.000 grammi di anidride carbonica, consuma dai 2 ai 12 litri d’acqua e necessita di una superficie terrestre grande quanto un iPad Mini. La stessa ricerca, però, ha evidenziato il fatto che spegnendo la videocamera durante una riunione si riduce l’impronta ambientale del 96%. I ricercatori, infine, avvertono circa il fatto che proprio la pandemia ha fatto impennare il traffico Internet, e di conseguenza le emissioni – che, fra parentesi, sarebbero equilibrate solo da una foresta poco più grande di Lazio, Emilia-Romagna e Sicilia messe insieme.
Quanto inquinano le piattaforme di streaming?
Poco tempo fa, Netflix ha diffuso alcuni dati che mostrano la situazione circa inquinamento e streaming. Una delle attività più svolte durante i vari lockdown, in effetti, è stata proprio guardare serie tv e film.
In ogni modo, la società americana ha utilizzato Dimpact, uno strumento messo a punto dall’Università di Bristol, e ha calcolato che un’ora di video sulla piattaforma corrisponde a meno di 100 grammi di anidride carbonica. Wired scrive che è lo stesso consumo di un condizionatore da 1.000 W acceso per 40 minuti in Europa o di un’auto che viaggia per 500 metri.
I numeri sembrano ragionevoli, ma in realtà non è così semplice. Innanzitutto, si tratta di un’ora soltanto, mentre i film durano decisamente di più – per non parlare delle serie. Inoltre, dipende anche dai dispositivi: guardare un film sullo smartphone o guardarlo in tv cambia parecchio, perché un cellulare non consuma quanto un televisore. Quel “100 grammi”, poi, si riferisce a una persona sola, ma nel lockdown la maggior parte del mondo ha passato davanti a Netflix o ad altre piattaforme ben più di un’ora. Per fare un esempio: il film Netflix Birdbox è stato visto da circa 80 milioni di persone, e in termini di inquinamento equivale a girare intorno al mondo seguendo l’equatore per 6000 volte.
Quale soluzione?
Trovare una soluzione semplice per ridurre i consumi di Internet in generale e dello streaming in particolare è praticamente impossibile. Un’idea potrebbe essere quella di ridurre la qualità dei film e dei video, ma non basterebbe di certo. Trovare modi più puliti per produrre l’energia che alimenta i server e i datacenter? Perché no. Non dimentichiamoci, però, che anche girare un film inquina tantissimo. Insomma, la strada è tutta in salita.
Alessandro Mambelli
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