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Se c’è una cosa che agli italiani piace, ancora più del calcio, quella è senza dubbio il fare polemica.
In questa estate pallonara, in cui assaggiamo di nuovo il gusto della libertà e dello stare insieme anche solo per quello che a conti fatti è una futilità come il calcio, il sogno è stato uno solo. È dipinto di azzurro e impaziente di arrivare a ieri sera, quando finalmente ci siamo laureati campioni d’Europa battendo l’Inghilterra nella finale del Campionato Europeo di Calcio. Fino a quel momento a tenere banco – al di là delle prestazioni degli Azzurri – sono state le polemiche, quelle che hanno accompagnato Euro 2020 in tutto questo mese, e che ripercorriamo brevemente:
La location
Euro 2020 è stato concepito come europeo “itinerante”, che coinvolgesse 11 città europee, allo scopo di celebrare i 60 anni dalla prima manifestazione continentale. La scelta di un europeo in diverse città è stata presa alla fine del 2012, in tempi assolutamente non sospetti e con l’intenzione dichiarata di creare un torneo “paneuropeo”, che coinvolgesse i popoli prima che le singole nazioni. Questa idea illuminata dell’UEFA ha dovuto però scontrarsi con la pandemia da Covid-19, con le sue restrizioni sui viaggi, gli spostamenti e la capienza degli stadi. Tant’è vero che Bilbao e Dublino sono state poi escluse dal novero delle città ospitanti ed alcuni paesi come l’Italia, hanno subito forzature dall’organo di governo calcistico europeo affinché acconsentisse all’ingresso del pubblico sugli spalti, pena l’esclusione dall’organizzazione, con buona pace di Speranza e del CTS.
A torneo iniziato, con il dilagare della variante Delta nel Regno Unito, il governo Draghi ha provato il colpo di mano, chiedendo di non far disputare le fasi finali a Londra bensì a Roma, viste le dimensioni del contagio ma da Nyon è arrivata una porta in faccia. Pazienza, ci abbiamo provato.
Altra polemica riguardante l’organizzazione, è quella che concerne la dislocazione delle partite nei gironi. Se il Gruppo D, quello dell’Inghilterra, giocava tutte le sue partite tra Londra e Glasgow, il Gruppo A dell’Italia era diviso tra Roma e Baku, mentre il Gruppo E della Spagna faceva spola tra Siviglia e San Pietroburgo, con tutti gli svantaggi che possono conseguire da spostamenti così lunghi nel giro di pochi giorni.
Polemica collaterale, che riguarda uno dei luoghi di Euro 2020 ma non è strettamente connessa alla location in sé, è quella che ha visto la UEFA non acconsentire alla richiesta del sindaco di Monaco di Baviera di colorare l’Allianz Arena con l’arcobaleno nel giorno in cui si sarebbe disputata Germania-Ungheria, con il paese magiaro al centro delle polemiche per la nuova legge approvata da Orban contro la “promozione dell’omosessualità”. Il portiere tedesco Neuer, allora, ha deciso di giocare con una fascia arcobaleno al braccio.
Gli sponsor
In principio fu Cristiano Ronaldo. Il portoghese, nella conferenza stampa alla viglia della partita contro l’Ungheria, sedendosi ha voluto spostare le bottigliette di Coca-Cola al tavolo dov’era seduto, sollevando poi una bottiglietta e dicendo ai giornalisti “Acqua. Ecco cosa bisogna bere, acqua”. Il giorno dopo, il titolo Coca-Cola ha perso 4 miliardi in borsa. Il CT russo Cherchesov arriverà invece in conferenza stampa bevendone una bottiglietta intera ma non sortirà effetto finanziario alcuno.
Pochi giorni dopo, tocca a Pogba replicare. Il giocatore francese, nella conferenza stampa successiva all’esordio contro la Germania, ha voluto togliere dalla sua postazione la bottiglia di Heineken presente davanti a lui. Il suo gesto è stato spiegato come un “atto di fede”, ai musulmani infatti è proibito l’alcol. La cosa divertente è che se così fosse, aveva comunque davanti a sé una bottiglia di birra analcolica. Anche Locatelli, dopo la doppietta contro la Svizzera, presentandosi in conferenza stampa ha spostato due bottigliette di Coca, ma era solo per mettersi più comodo. Nessuna polemica? La polemica è negli occhi di chi guarda.
Il caso Eriksen
Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini del malore di Christian Eriksen, il centrocampista danese. Non c’è dubbio che quelle immagini abbiano fatto il giro del mondo, ed innescato polemiche a non finire. Al di là dell’arresto cardiaco in sé, di cui abbiamo parlato qui e che ha creato polemiche più che altro sull’effettiva qualità delle certificazioni di idoneità agonistica che i calciatori acquisiscono ogni anno, il caso-Eriksen porta con sé altre due polemiche di non poco conto. La prima riguarda l’invadenza morbosa dei giornalisti. Sono rimbalzati su tutti i siti e i telegiornali i video dell’istante in cui Eriksen cade a terra dopo il malore, così come ovunque sono apparse quelle foto che vedono un Eriksen vagamente cosciente sulla barella durante il trasporto fuori dal campo. Per impedire questo spettacolo in diretta, i giocatori danesi si sono schierati attorno al centrocampista dell’Inter, a protezione di quel momento delicato, ma non è bastato. Si è riflettuto molto sull’opportunità o meno di mostrare tutti i dettagli ma alla fine ha prevalso uno spirito tollerante: chi vuole vede i video, chi non vuole celebra l’unione del gruppo danese. Altra polemica è stata innestata da due leggende del calcio danese molto vicine allo spogliatoio vichingo: Peter Schmeichel e Michael Laudrup. I due sostengono infatti che la UEFA avrebbe praticamente obbligato i giocatori a riprendere la partita, nonostante il loro stato d’animo, pena la sconfitta a tavolino. Passato lo spavento dei primi attimi, però, la partita è ripresa solo dopo che dall’ospedale giungevano notizie rassicuranti sulla salute di Eriksen.
Il Black Lives Matter
La polemica che più di tutte ha infiammato questo mese di coppa è stata quella sull’adesione o meno all’inginocchiamento simbolico per esprimere vicinanza al movimento Black Lives Matter. Alcune nazioni multietniche come Inghilterra e Belgio, ma così come pure Scozia e Galles hanno aderito convintamente all’iniziativa, mentre alcune altre nazioni hanno visto aumentare le reticenze di giorno in giorno. Se è comprensibile l’atteggiamento “chiuso” della Croazia, ancora dilaniata da inimicizie interne e dalle ferite di un conflitto come quello dei Balcani ancora lontane dal chiudersi; meno comprensibile è invece l’atteggiamento della Francia che, alla vigilia della gara inaugurale contro la Germania, aveva annunciato per bocca di Lloris, suo capitano, che l’inginocchiamento “era previsto”, salvo poi ripensarci sul campo. Pindarico poi l’atteggiamento degli Azzurri, passato da un “mezzo inginocchiamento” contro il Galles, quando solo 5 giocatori su 11 hanno aderito all’iniziativa, scatenando la reazione di sdegno del principino Marchisio, fino al “ci inginocchieremo se si inginocchieranno gli altri” vergato dalla Federazione a conclusione di una polemica durata già troppo, e che ha visto gli azzurri ginocchia a terra prima del quarto di finale contro il Belgio.
Arbitri, varie ed eventuali
È significativo il fatto che, grazie al Var e alle nuove tecnologie, non si registrino grosse polemiche a riguardo degli arbitraggi. Giusto un paio di temi di discussione: l’operato dell’arbitro olandese Makkelie, reo di non aver concesso un rigore all’Italia nella partita inaugurale contro la Turchia e di averne concesso invece uno piuttosto generoso all’Inghilterra nella semifinale contro la Danimarca. Altra polvere invece la sposta l’operato dell’arbitro italiano Orsato nella partita tra Svezia e Ucraina, pietra dello scandalo un cartellino giallo poi convertito dal VAR in rosso. Tutto qui.
Ma ci sono stati anche altri momenti di “attrito” tra i fatti e l’opinione pubblica che hanno scatenato delle polemiche di poco conto, spesso diventate dei meme o comunque cadute nell’oblio nel giro di una giornata. Iniziamo da Attila Fiola, attaccante ungherese che, dopo aver segnato il pareggio contro l’armata dei Bleus francesi scoppia in un’esultanza incontenibile, va sotto la curva gremita (a Budapest non esistono restrizioni anti-Covid per gli stadi) e butta all’aria dei fogli su un tavolino. Subito pronti i titoloni “spacca un computer”, “una giornalista terrorizzata”. Un’inquadratura di pochi secondi dopo mostra però la giornalista divertita.
Altra polemica ha riguardato i cugini d’Oltralpe della Francia che, lungi dalla sportiva accettazione della sconfitta ai rigori contro la Svizzera, hanno firmato una petizione per chiedere la ripetizione del match, stante il sospetto che durante l’ultimo, decisivo, rigore, il piede del portiere elvetico sarebbe stato oltre la linea di porta, quindi irregolare. Una polemica così pretestuosa che a molti ha ricordato l’affaire-Maneskin all’Eurovision e che i tifosi belgi hanno parodiato chiedendo simbolicamente di rigiocare la partita contro l’Italia “per perdere ancora”.
Non mancano le polemiche sulle divise delle nazionali coinvolte. Se la Macedonia del Nord ha dichiarato che giocherà con la vecchia divisa, poiché la nuova, col suo amaranto in luogo del classico rosso, ha fatto storcere il naso a diversi tifosi, l’Ucraina invece si è vista cassare la maglia dall’Uefa: sulla divisa, infatti, sarebbe stato presente un ricamo dei confini della nazione, comprendenti la Crimea, il Donetsk e il Lugansk, zone al centro della contesa con la Russia. Infine, i croati – parrebbe per una distrazione – si sono ritrovati a giocare con stampata sul petto la bandiera degli ustascia di Pavelić, il movimento di estrema destra che governava in alleanza con i nazifascisti durante la Seconda Guerra Mondiale
Chiudiamo con un sospetto, più che una polemica vera e propria, e questa è tutta italiana: parrebbe che il brano “We are the people”, l’inno di Euro2020 scritto da Martin Garrix con Bono e The Edge degli U2 sia stato copiato da “Ringo Starr” dei Pinguini Tattici Nucleari. Soprattutto quel piccolo break che viene ripetuto ossessivamente prima e dopo di ogni pubblicità nei programmi dedicati all’Europeo. Che poi alla fine mai dire mai, se Albano ha accusato Michael Jackson di plagio, non vedo perché Riccardo Zanotti non possa trascinare in tribunale Bono. Una vaga somiglianza si nota, alla fine sono do-re-mi-sol e sono presenti in pressoché ogni canzone pop, da qui al plagio forse la strada è molto più lunga.
Ieri sera poi, finalmente il campo ha parlato ed ha consegnato nelle mani degli Azzurri di Roberto Mancini la Coppa Henri Delauney, che incorona i vincitori del Campionato Europeo per Nazioni. È stata sicuramente una gara tesa ed emozionante, quella tra l’Italia e la “perfida Albione”, l’arcigna Inghilterra, eppure nonostante la vittoria solo ai calci di rigore non sembrano esserci, o almeno così è parso, recriminazioni o polemiche.
Mario Mucedola
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