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Dai giocatori del Bayern Monaco al numero uno del tennis Djokovic, la questione dei vaccini e dell’obbligo vaccinale riguarda anche lo sport
Le discussioni sull’obbligo vaccinale nei settori lavorativi continuano a riempire le pagine e i salotti televisivi. Le zone d’ombra sono ancora molte e ci si muove su più direzioni ma con più discrezione e silenzio. Nello sport, infatti, queste dinamiche sono poco note e i dati in merito alla percentuale di atleti No-Vax sono approssimativi. Nel calcio ad esempio la linea dei club e delle federazioni nazionali è stata abbastanza chiara anche per motivi di privacy: pubblicare solo la copertura vaccinale degli atleti. Niente di più, niente di meno.
Nel campionato di Serie A la copertura vaccinale, secondo gli ultimi dati forniti, è del 98% con sette club che dichiarano il 100% di copertura vaccinale. Altri club preferiscono mantenere riserbo sui dati forniti. In Inghilterra nel campionato di premier League la percentuale di vaccinati tra i tesserati viaggia su livelli inferiori e decisamente preoccupanti. Solo il 50% dei calciatori, sempre secondo gli ultimi dati circolati in merito, è vaccinato. In sintesi, la situazione della copertura vaccinale nel calcio non è omogenea e varia da nazione a nazione.
Provvedimenti tedeschi
In Germania hanno deciso di prendere in mano la situazione e affrontarla con rigore e decisione. Una scelta che vuole arginare la quarta ondata che sta mettendo in crisi nuovamente la maggior parte dei paesi europei (solo nel territorio tedesco si contano una media di quasi 60 mila positivi alla settimana). Nell’ultima conferenza Stato Regioni, la cancelliera Merkel ha annunciato sia il lockdown per i non vaccinati che la possibilità di discussione in merito all’obbligo vaccinale.
E nello sport? Siccome la positività e la possibilità di contagio, più o meno grave, aumenta in assenza di vaccino, le squadre tedesche hanno pensato di puntare a questo problema che comporta danni economici e sportivi. Per evitare che un calciatore No-Vax inneschi un focolaio dentro la squadra, diversi club hanno deciso di affrontare il problema proponendo alcune soluzioni. Stipendi ridotti per chi non si sottopone al vaccino e isolamento obbligatorio per i giocatori del Bayern Monaco. L’Hertha Berlino invece ha optato per la sospensione totale dello stipendio.
E’ chiaro che le possibilità di contagio tra gli atleti non si annullerebbero (nelle partite delle Nazionali o nell’ambiente privato) ma si abbasserebbero notevolmente. L’incubo dei club è la possibilità di presentarsi ai match con giocatori contati o addirittura con un numero non idoneo per giocare. E’ successo recentemente nella partita di campionato tra Belenenses – Benfica: la squadra di casa si ritrova a giocare con una formazione titolare di soli nove giocatori e con due portieri in campo. Risultato al primo tempo? Sette a zero e sospensione della partita a causa di due infortuni che non consentono il proseguo del match (il minimo è di sette giocatori).
L’esposizione mediatica
Ad alimentare le polemiche sulla questione non potevano mancare i nomi degli atleti in questione. Destano parecchio rumore i calciatori della squadra del Bayern Monaco, uno dei club più importanti del panorama calcistico tedesco e internazionale. Niklas Suele, Serge Gnabry, Jamal Musiala, Eric Maxim Choupo-Moting, Michael Cuisance e Joshua Kimmich sono alcuni di questi che, secondo la stampa tedesca, non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino. Lo stesso Kimmich era apparso scettico riguardo al vaccino in una intervista a Sky Sport, asserendo non solo di essere “preoccupato per l’assenza di studi sugli effetti a lungo termine – ma sottolineando che – ognuno dovrebbe essere libero di decidere per se stesso”. Nell’ultima partita disputata dalla squadra bavarese sabato 27 novembre sono stati convocati Suele, Gnabry e Musiala.
Non si sa con certezza se la presa di posizione del club ha influito sui giocatori, ma l’indizio sul loro utilizzo in campo ci dice molto su quello che è successo. Gli altri calciatori? Choupo-Moting, Cuisance e Kimmich risultano ancora indisponibili. Una vicenda complicata che ha portato però una riflessione anche da parte della società. L’amministratore delegato del Bayern Monaco, Karl-Heinz Rummenigge, pochi giorni fa si era rivolto a Kimmich con queste parole “In quanto personaggio pubblico, ma anche in generale, sarebbe meglio se si vaccinasse”.
Dare l’esempio, mostrare responsabilità nei confronti del club e dimostrare l’enorme valore da calciatore, questo è quello che dovrebbe fare. Joshua Kimmich è uno dei pilastri della squadra, fondamentale nello scacchiere tedesco per le sue qualità tecniche e atletiche. Senza di lui il Bayern Monaco perde una pedina importante nelle prossime partite. L’allenatore, nonostante ha confermato che rimarrà fuori anche per la prossima partita, è comunque fiducioso che la situazione si risolva al più presto (“Josh tornerà la prossima settimana, se tutto andrà bene. Non so al 100% in quale giorno ma penso mercoledì”).
Djokovic: ancora tu?
Torna poi al centro di nuove polemiche anche il numero uno del tennis mondiale, Novak Djokovic. Allo scoppio della pandemia era risultato positivo al covid dopo aver disputato un torneo benefico privo di qualsiasi disposizione e precauzione da contagio (distanziamento e mascherina). Poche settimane fa è tornato di nuovo sul tema del vaccino, mantenendo una certa distanza e lasciando parecchi dubbi sul fatto che si sia vaccinato o meno. Non importa se si tratta di vaccinazioni o qualsiasi altra cosa, nella vita dovresti avere la libertà di scegliere, di decidere cosa vuoi fare – ha dichiarato il serbo – in questo caso particolare, cosa vuoi mettere nel tuo corpo.
Se all’ATP Final di Torino ha partecipato regolarmente questo potrebbe non avvenire ai prossimi Australian Open dove, l’organizzazione dell’evento permette la partecipazione a coloro che sono vaccinati oppure a chi vorrà sostenere la quarantena in hotel (senza allenamenti) fino all’inizio del torneo. Una situazione piuttosto particolare che potrebbe concludersi con l’estromissione di Djokovic dalla classifica ATP. Non so se succederà – come dichiarato dal padre del tennista – probabilmente no, in queste condizioni, con questi ricatti e con queste procedure.
Andrea Cicalò
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