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Ci passano davanti in un istante, e noi possiamo solo sfiorare la galassia dei loro stati d’animo, dubbi, sogni… Tanto più dopo che
questa maledetta stagione li ha messi di fronte – una dopo l’altra – a pandemia, guerra, crisi energetica, crisi economica, emergenza clima. Così sta crescendo una generazione inedita, per certi versi indebolita e per altri versi maturata più velocemente.
Non può stupire più di tanto, quindi, che per una tesi universitaria magistrale si scelga la Melanconia. Mentre colpisce, e in senso assolutamente positivo, che da quella tesi poi nasca un libro.
Claudia Manildo, nata a Napoli e residente a Gaeta dopo la laurea in Giornalismo a Parma, non ha improvvisato una scelta ma ha concluso un percorso che era stato dedicato appunto alla melanconia (e mentre scrivo questa parola mi colpisce l’assonanza/distanza con gli anni lontani e ottimisticamente un po’ stupidi de “Il tempo delle mele”) e alla semiotica delle passioni.
Approccio rigorosissimo. E, nella versione libro, apprezzo il contenuto perfino più di quanto già non avessi fatto per la tesi (e mi convinco sempre più che la tesi che diventa libro è la prima tappa per gli aspiranti giornalisti/scrittori/ecc.: ne riparleremo anche nei prossimi giorni spostandoci in Lucania). Claudia Manildo inizia quasi scusandosi per le analisi “probabilmente troppo crude e pessimistiche”, che nascono da una lunga convivenza con il melanconico e con “un senso di vuoto interiore che non riesce a trovare pace”.
Ma proprio dove si può iniziare a temere una resa, che non sarebbe senza fondamento ma che non vorremmo mai incontrare in una 25enne, inizia la vera e profonda riflessione, che senza nascondere la realtà – che a tutti noi sta rendendo più difficile stare al mondo – individua anche delle strade da intraprendere: non per trovare facili soluzioni, ma certamente per aspirare a rintracciare ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento così particolare. Ecco allora almeno due strade: la prima è la consapevolezza della fortuna di vivere, tanto più dopo avere superato prove così forti (al monento della tesi si parlava soprattutto della pandemia); la seconda sta nella Parola e nella Cultura.
Le parole le leggiamo sui libri di narrativa, saggistica, poesia (magari impilati a terra che ci fissano mentre noi fissiamo il soffitto bianco). Le parole le leggiamo o ascoltiamo sui mass media, e non sempre aiutano il nostro stato emotivo. Passando dai neuroni specchio alla musica e a Trump e alla sua ricerca di un nemico da comunicare al suo elettorato, la Manildo ci offre un viaggio inconsueto, mai banale, profondo e mai rassegnato, anche se come detto nulla viene nascosto delle difficoltà e appunto delle melanconie dell’oggi. Compresa la ricerca del “niente”, apparente e illusorio rifugio per chi si sente “satura di dolore”.
Ma è qui che la Cultura e la Parola ci vengono in soccorso. Ci ricordano che Van Gogh, ad esempio, ha saputo trovare nella melanconia l’ispirazione per creazione e colore. Perchè, non è un paradosso, si può “fare della melanconia la via di uscita dalla melanconia”. Anche un “semplice” inserto culturale di giornale (qui viene presa in esame “La Lettura”, settimanale del Corriere della sera), diventa spazio di riflessione, nel quale il melanconico si affaccia spesso già in tanti titoli.
Non ci sono, nè potrebbero esserci, ricette definitive. Ma se dal punto di partenza (realistico ma certo non incoraggiante) si arriva nelle ultime pagine a parlare di “bello” e di “speranza”, evidentemente il viaggio non è stato vano. E il senso più vero, del libro ma anche della riflessione, arriva a tutti noi partendo dal ricordo privato di una persona cara volata via: “Senza volerlo – le scrive oggi Claudia – mi hai messo davanti l’importanza della cosa che diamo per scontata già dal giorno zero: il respiro”.
Sì: davvero questa generazione di studenti ci passa davanti in un istante, e noi possiamo solo sfiorare la galassia dei loro stati d’animo, dubbi, sogni… Quando poi li vediamo uscire nel mondo, fa male pensare che quel mondo non è quello che meriterebbero. Ma conforta vedere, come in questo libro, che loro hanno capito e hanno scelto la strada più difficile ma più nobile: lo studio, la scrittura, la verità.
Gabriele Balestrazzi
Melanconia espressione dell’epoca, Claudia Manildo, deComporre edizioni.
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