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È uno dei primi nati in Italia nel 2024, si chiama ZES e rappresenta l’ultima, imperdibile opportunità di rilancio del Sud. A partire dal 1° gennaio, come previsto dal decreto-legge n. 124/2023, è istituita infatti la
ZES unica per il Mezzogiorno, ovvero una Zona Economica Speciale all’interno della quale l’esercizio di attività economiche e imprenditoriali, da parte di aziende già operative nel Meridione e di quelle che intenderanno insediarsi, potranno beneficiare di speciali condizioni in materia di investimenti ed attività di sviluppo d’impresa. Le regioni comprese nella ZES unica, in sostituzione delle precedenti Zone Economiche Speciali frammentate in 8 differenti strutture amministrative, sono Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna. In pratica, non sono più previste delimitazioni territoriali all’interno delle regioni disagiate, ma i benefici vengono estesi all’intera area di ogni singola regione.
“La costituzione di un’unica ZES – si legge sul portale web governativo che intende fornire tutte le informazioni relative ai benefici riconosciuti alle imprese e garantire l’accessibilità allo sportello unico digitale ZES – consentirà di massimizzare nello scenario internazionale l’impatto competitivo dell’intero Mezzogiorno con il suo già rilevante apparato produttivo, che rappresenta un potenziale da valorizzare nelle sue molteplici articolazioni settoriali e territoriali, con riconoscimento di eguali chance di sviluppo a tutti i territori dell’Italia meridionale e a tutte le imprese già insediate nel Sud, o che in esso volessero insediarsi”. Il portale, tuttavia, è al momento in fase di aggiornamento a seguito delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2024.
La ZES assicura alle imprese che operano o si insediano nelle otto regioni in questione semplificazioni significative riguardo al procedimento di ottenimento dell’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive. Nel dettaglio, inoltre, potranno beneficiare di agevolazioni gli investimenti relativi all’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie (anche mediante contratti di locazione finanziaria) destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nel territorio della ZES unica, l’acquisto di terreni e l’acquisizione, realizzazione ed ampliamento di immobili strumentali agli investimenti stessi: il valore dei terreni e degli immobili non potrà superare il 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato, mentre il credito d’imposta concesso non potrà andare oltre la misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.
Una Cabina di regia, impiantata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, avrà il compito di indirizzare, coordinare, vigilare e monitorare l’applicazione di un Piano strategico della durata di tre anni: a presiederla il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. Il Piano strategico si prefigge di armonizzare le politiche di sviluppo della ZES unica con il PNRR, i principi di sostenibilità ambientale, le programmazioni nazionali e regionali dei fondi strutturali europei definendo, per ciascuna regione coinvolta, le priorità di investimento ed intervento e le modalità di attuazione. A livello operativo, la Cabina di regia sarà supportata dalla “Struttura di Missione ZES”. Si tratta di un organismo che, sulla base degli indicatori di avanzamento fisico, finanziario e procedurale definiti dalla cabina di regia, svolgerà un’attività di monitoraggio a cadenza almeno semestrale incentrata sugli interventi e gli incentivi concessi affinché sia possibile, da una parte valutare l’efficacia di quanto realizzato e il raggiungimento dei risultati attesi e, dall’altra ridurre le distanze tra organi decisori e territori di applicazione delle azioni, dando risposte tempestive e pertinenti alle istanze che da essi provengono.
A dirigere la Struttura di Missione ZES saranno tre figure nominate lo scorso 30 dicembre dal ministro Raffaele Fitto: il Coordinatore Antonio Caponetto e due Direttori Generali, Pietro Paolo Mileti e Lorenzo Armentano. Il trasferimento delle funzioni dai Commissari straordinari delle attuali otto ZES alla Struttura di Missione è previsto il primo marzo 2024. “Con la piena operatività della Struttura di Missione ZES” – ha affermato il ministro Fitto – il Governo fornisce un nuovo e fondamentale impulso al rilancio del Mezzogiorno attraverso la semplificazione normativa e procedurale e l’attrazione degli investimenti privati in tutto il territorio del Sud, dimostrando una visione di lungo periodo dello sviluppo che troverà piena espressione nel Piano Strategico della ZES unica”.
Per l’Esecutivo, dunque, la ZES è il fiore all’occhiello delle politiche di attenuazione del divario tra Nord e Sud del Paese, uno strumento che ha grandi potenzialità occupazionali (circa 70mila i nuovi posti di lavoro prospettati). Ma la ZES sarà davvero l’occasione che il Mezzogiorno stava attendendo, oppure un’occasione per tradire le attese? Secondo Confindustria, la ZES è una misura da declinare “con attenzione, per non vanificarne la portata”, un “progetto ambizioso” che “necessita di essere sorretto da un disegno strategico di medio periodo, con una solida connotazione produttiva e industriale e che sia in grado di valorizzare le peculiarità dei territori”.
Tuttavia, non sono pochi gli imprenditori del Mezzogiorno che non nutrono grandi speranze nella ZES. E non soltanto a causa della rassegnazione, quasi atavica – vera o presunta che sia – che caratterizza le popolazioni del Sud, ma per ragioni che non appaiono prive di fondamento. Infatti, la ZES rischia di non poter aiutare affatto le piccole e medie imprese già presenti sul territorio, quelle che si trovano a competere virtuosamente sul mercato nazionale in condizioni non paritarie rispetto a quelle del Nord. Sembrerebbe, al contrario, una misura ideata per attirare al Sud aziende di notevoli dimensioni, soprattutto multinazionali, con volumi di affari molto più alti: per accedere alle agevolazioni (detrazioni dirette sulle imposte), saranno infatti necessari anticipi di grandi capitali che, difficilmente, le piccole e medie imprese del Sud potranno permettersi. Insomma, la ZES potrebbe offrire qualche limitato beneficio alle regioni del Mezzogiorno, ma senza mettere in moto un processo di sviluppo economico ed occupazionale diffuso, dal basso, che veda protagoniste le realtà produttive e le comunità locali. Se sarà un’occasione, lo sarà forse per pochi.
Salvo Taranto
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