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A marzo fu il terrore del COVID-19 a spingere migliaia di fuori sede a tornare nei luoghi d’origine: trattati come possibili “cavalli di Troia” dai governanti, subirono quarantene e tamponi obbligatori per scongiurare la minaccia del contagio. Quanti effettivamente sono stati causa di nuovi focolai non è mai stato raccontato. Forse perché una notizia da dare non c’era. Erano il plotone di egoisti riversatisi a casa per paura di rimanere soli, i mammoni, i deboli. La primavera offrì un debole riscatto. Le Regioni sono corse in aiuto alle famiglie schiacciate dall’ingombro di affitti e tasse onerose durante il lockdown: sostegni economici ai fuori sede. In Sicilia sono stati erogati solo a settembre, in Calabria appena qualche settimana fa.
Nel dibattito sulla scuola, le Università non sono mai veramente entrate. Eppure, sono centinaia le aule rimaste silenziose e vacanti per mesi, mentre gli studenti abruzzesi cercano ancora il segnale Internet nei boschi. L’infrastruttura necessaria alla banda ultra larga langue proprio là dove i ragazzi evidentemente non hanno gli strumenti adatti a istruirsi e perciò, se ne vanno. Agli atenei è stata lasciata sostanziale autonomia dal Governo; così, hanno optato per il salto nel buio della DAD, che aveva un nome anche prima della pandemia, si chiamava modalità blended (mista). Consentiva agli studenti, molti dei quali lavoratori, di usufruire della didattica direttamente online. Ma era come il suppellettile in soggiorno che nessuno guarda mai, tranne quando va spolverato una o due volte l’anno: inutile.
Dopo dieci mesi i fuori sede sono ancora fuggiaschi
L’autunno e la seconda ondata sono stati un lento cammino verso l’ultimo DPCM. Tempo perso verso l’inesorabile scelta delle prossime crocifissioni: le restrizioni di Natale. Ai fuori sede è andata bene, possono rientrare dove hanno residenza, domicilio e dove di fatto hanno luogo le proprie abituali attività di vita. Sì, ha detto Giuseppe Conte. Siamo una democrazia e non possiamo entrare in casa degli italiani, andate e siate prudenti, è Natale per tutti. Un momento, Presidente. Desta non poca preoccupazione l’esodo dei fuori sede pronti a rientrare nelle loro regioni, dovremo provvedere da noi al setaccio. Le cose vanno meglio, <<non possiamo, quindi, rischiare di far correre di nuovo il virus per comportamenti individuali che appaiono improntati a superficialità>>. Così Nello Musumeci, Presidente della Regione Sicilia, solo pochi giorni fa. Eccoli, di nuovo fuori posto, a impensierire gli amministratori, i fuori sede.
La sensazione è che fare la conta dei provvedimenti presi sia sostanzialmente meno doloroso di contare invece, le perdite. Se vogliono tornare a casa, si sottopongano obbligatoriamente a controllo (fin qui d’accordo), altrimenti porteranno il morbo e saranno guai (per Bacco!). Sono ancora fuggiaschi, come da replica di un film già visto con un pessimo regista: lo stesso che fa fluttuare nell’etere le bozze dei decreti che finiscono nelle mani dei giornali prima della stesura definitiva e riversa nelle stazioni la gente piena di paura. Scatena la rabbia nei commenti sui social e poi li lascia nel limbo, a prendere in autonomia quelle decisioni che né Ponzio Pilato a Roma, né i Farisei nei capoluogo di provincia assumono.
Il COVID di Natale
Solo che non è più marzo, il tempo di Codogno e dei pazienti zero. Il virus è spalmato ovunque da questa estate e parlare di esodo risulta alquanto stucchevole giacché nessun divieto è posto a chi parte. Nel frattempo, i fuori sede se la sono cavati da soli: alcuni non sono affatto ripartiti, hanno lasciato le case in affitto, hanno sospeso progetti, relazioni e possibilità. Altri – pensate – hanno scelto l’Università di prossimità, iscrivendosi negli atenei meridionali e invertendo una rotta che la politica avrebbe dovuto invertire da anni, quando i figli che se ne andavano, rappresentavano la piaga di dolore delle terre afflitte dallo spopolamento . Hanno gestito il tempo della chiusura reinventandosi, in fretta e furia, un lavoro.
Altri, un lavoro devono ancora inventarselo, talvolta sobbalzando dalle sedie per certe suggestioni, come <<south working>>, piano rilancio, e bonus monopattino. Eppure, sono ancora lì, in fuga dal Re Erode nella notte, guidati solo da una stella, in cerca di un Natale che non vogliono a tutti i costi passare con mamma e papà, se le condizioni non lo permettono; non vogliono infettare, così prenotano i tamponi al rientro, non vogliono disturbare, così cercano una stanza per isolarsi, nell’attesa.
Sofia D’Arrigo
Come si concilia questa voglia di voi fuorisede di tornare al sud dalle zone rosse del nord e quindi di incontrare parenti stretti, magari anziani e più esposti al Covid, con quello che il “Severgnini di Parma” (Severgnini non è un qualcosa di positivo perchè è l’emblema supremo dell’essere radical chic) predica da mesi sull’attenzione e la prudenza. Come se chi non fosse radical chic lennonista non fosse prudente
Potrebbe conciliarsi esattamente nel modo in cui immagino lo farà uno degli inventori del soprannome che indegnamente qualcuno mi dedica (dico “uno degli” perchè con voi le identità sono a volte incerte, rispetto a chi ci mette faccia e firma: ma vi capisco, perchè su certe frasi la faccia e il nome vero si figura meglio a non metterli) . Ovvero conciliando la voglia di vedere i propri cari – come ha prennunciato su un post trovando peraltro la mia solidarietà – con la prudenza necessaria per non metterli a rischio: e in questo essere a Parma o a Palermo o a Felino non cambia proprio nulla Quanto al lennonista, oltre a non vedere i carissimi parenti bresciani e bolognesi, al 99% non vedrà a Natale il fratello parmigiano nè anche e soprattutto il figlio che lavora a Berlino: motivo in più per non dover accettare lezioni da sconosciuti come lei neppure su questo. Buon Natale ! (Gabriele Balestrazzi)
Quindi ora perchè ci sono di mezzo i fuorisede vogliamo chiudere un occhio e giustificare il tutto? Il virus diventa più buono e meno pericoloso con il Natale?
Se un esercito di fuorisede si sposta dal nord al sud non basta dire che usaranno la ” prudenza necessaria per rivedere i propri cari” perchè se adottassimo la stessa logica potremmo applicarla anche ai ristoranti, ai bar, a chi sorseggia con amici un caffè fuori dai locali di via D’Azeglio o Piazza Garibaldi (oggetto di voyeurismo per molti), a chi va allo stadio.
Se siamo in una situazione di grave emergenza (che è il parere non solo del radical chic ma anche di gente comune con non sale sul piedistallo senza apparenti meriti) allora dobbiamo partire dal presupposto che la gente disobbedisce e non è attenta e quindi si deve ridurre i rischi di contagio. I fuorisede sono nella stessa situazione di comuni lavoratori e ora solo perchè sono fuorisede vogliono un deroga? Ah l’è còmda acsè! Mo co vriv?
E anche la fòla dei biglietti aerei costosi non è una nulla di contro i fuorisede ma è una banale regola del mercato, come un panettone che a dicembre lo paghi 15 euro e gennaio 3 euro.
“Esercito”, “esodo”, “fuga”: una questione principale sta proprio nel linguaggio che lei usa. Perché si associa un pensiero preciso, che denota negatività, aggressività, tragicità o illeggittimità all’azione del rientro a casa dei fuori sede. Ciò nonostante, è un diritto (cioè concesso dalla norma).
Siamo in una situazione di grave emergenza sanitaria principalmente perché la prima volta eravamo impreparati, e alla seconda ondata non ci siamo preparati abbastanza: entrambe le volte però, sono stati chiesti sacrifici ai cittadini che per lo più, hanno ottemperato. Tornando ai fuori sede e al merito del pezzo, non vogliono nessuna deroga: al massimo vogliono non essere trattati da untori come denotano i suoi commenti, e sì, vogliono non essere più invisibili, giacché svariate questioni e disparità li riguardano anche fuori dalla pandemia. I prezzi dei voli non sono cari solo a Natale, ma ogni weekend, e ogni qual volta si dovrebbe poter concedere loro di tornare a casa per esercitare il diritto di voto, per esempio, senza spendere cifre esorbitanti, dal momento che l’Italia è una soltanto e uno studente di Palermo che studia a Parma ha lo stesso diritto di Mario Incognito Anonimo Veneziano di scegliere da chi farsi rappresentare. Cordialmente, Sofia D’Arrigo.
Tornare a casa si deve fare nel rispetto delle regole sulla base del colore della Regioni in quel dato momento. Per cui tornare a casa nei momenti in cui le regioni erano rosse e arancioni non permette ai fuorisede di muoversi liberamente, ma non solo loro ma tutti. La prima e la seconda ondata sono state gestite malissimo dal governo (molto caro ai lennonisti) e dai cittadini. Vogliamo fare una terza ondata con una scia di morti uguale? Nessuno lo vuole. Che differenza c’è tra il fuorisede che riempie aerei e treni e quelli che vanno al bar nel rispetto delle regole o sui mezzi per angdare a lavoro? Nessuna. Bisogna evitare gli spostamenti. Anche io faccio il natale lontano dai miei.. Pazienza, li rivedrò più avanti.
Mi ricorda un po’ la storia di calimero che pensa che tutto il mondo ce l’abbia con lui perchè nero: qui alcuni studenti pensano che tutti ce l’abbiamo con i fuorisede in quanto tali.
Però io non vedo gli Oliviero Toscani de noantri di Parma (O. Toscani altro simile a Severgnini) curiosare con la webcam gli scali di Bologna e Milano per cogliere la moltituduine di fuorisede che fanno ritorno. Chissà perchè questa curiosità de l’Olivero Toscani de noantri ce l’ha solo con la webcam della piazza, con i frequentatori dei bar di via d’Azeglio o le auto che vanno al mare sull’autostrada magari per godersi un giorno di sole e mangiare una focaccia ligure. (caspita quanta richezza, quanta abbondanza, addirittura vanno a mangiare la focaccia bsonta sul mare!)
Prezzi degli aerei: probabilmente l’indigestione, al 90% fine a se stessa, di letteratura non permette di capire le regole della domanda e dell’offerta che non si possono leggere in Camus: prima facevo l’esempio del panettone che costa caro a dicembre ed è quasi regalato a gennaio, lo stesso i viaggi aerei che calano durante la settimana. Se io voglio fare un volo per turismo a Londra (che non mi sembra nel sud Italia) costa tantissimo al venerdi sera e poco al lunedi.
Vedo sempre la logica di calimero che pensa che tutto il mondo ce l’abbia con lui perchè nero quando si parla di affitti: anche qua, a Parma gli affitti costano cari, sia per le infermiere che ora cercano casa o una stanza a Parma dopo il recente concorso sia per gli studenti. Non avete soldi? Arrangiatevi come potete. Io non ho fatto certo giornalismo (per carità), ma quando facevo l’Università ho fatto lavoretti come raccogliere i pomodori (5 mila euro in due mesi e mezzo….). Chi vuole permettersi una stanza in affitto o addirittura un appartamento a Parma senza essere mantenuto dai genitori lo può fare, basta arrangiarsi, certo che se uno si vuole mantenere scrivendo articoli per siti sconosciuti … campa cavallo che l’erba cresce. Chi vuole, può.
Poi la casa: c’è mica bisogno di abitare in centro a Parma, soprattutto in un epoca di lezioni online, frequenze non giornaliere e didattica a distanza. Poi certo la casa in centro è bella, fa molto “cool” per la vita sociale, per l’aperitivo, per fare i filosofi sdraiati sul prato di piazzale della Pace con un libro in mano.
Per cui mettiamo da parte le lamentele e il piangersi addosso che i sacrifici li fanno tutti. Non è una categoria ad essere penalizzata ma tutte, a parte gli statali, i cooperanti, i sindacalisti (come quello che passa dalla cooperativa dell’asilo a fare l’educatore per poi andare nel sindcato, poi vedi il selfie con i tre politici di quel partito e capisci tutto), e quindi questi “mondi” lennonistici di miracolati.
La vita è difficile e ci pone davanti a dei sacrifici che faccio io e che facciamo tutti, a parte certi miracolati.