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“Torniamo a vivere la cultura, oggi possiamo farlo in sicurezza” queste le parole di Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle Attività culturali, agli inizi di settembre.
Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto
DPCM del 25 ottobre 2020
Cultura sì o cultura no?
Paiono insicuri, barcollano, sono costantemente sul punto di inciampare. Non sono dei bambini che compiono i loro primi passi. Sono i nostri ministri che, nel tentativo di arginare la folle avanzata del virus, prendono decisioni che fanno a pugni le une con le altre.
A risentirne, anche questa volta, è stato il settore culturale e creativo (CCS), già messo in ginocchio dal primo lockdown. Sebbene il mondo della cultura negli scorsi mesi abbia rispettato tutte le norme anti-contagio e non sia stato in alcun modo origine di focolai. Con cinema, sale da concerto e teatri chiusi, i musei hanno resistito fino al DPCM del 3 di novembre, si è delineato uno scenario drammatico per tutti i lavoratori dello spettacolo.
Limitazioni, carenza di introiti, conseguenze economiche che colpiscono una fetta abbondante della popolazione. Le ripercussioni delle continue restrizioni e chiusure hanno colpito, infatti, intere filiere produttive legate ad eventi e materiali audiovisivi. Sebbene la speranza del ministro Franceschini fosse una chiusura quanto più breve possibile, oggi, alle porte del Natale, nulla è potuto cambiare.
A niente sono servite proteste, rimostranze di tutto il settore produttivo. La cultura, nella lotta al Covid, sembra essere la meno utile e, a tratti, la più dannosa. Probabilmente, questa poca incidenza e la facilità con cui viene eliminata dalla vita di tutti i giorni è dovuta al basso potere contrattuale che essa detiene. Impossibile pensare di interrompere nuovamente lo sport o la nuova programmazione televisiva, che, spesso, comprende anche la presenza del pubblico, debitamente distanziato.
Assurdo attuare questa soluzione anche per i teatri?
Spettacoli 2.0
La situazione sanitaria ha piegato l’Italia e la cultura, così come il mondo del cinema, che hanno dovuto reinventarsi. Lo stop voluto dal governo non ha fermato gli artisti che, pur senza la possibilità di esibirsi davanti a un pubblico, hanno continuato le loro attività dietro le quinte. Moltissime sono state le compagnie teatrali che hanno documentato il loro lavoro tutto tramite YouTube e i social.
Anche il palinsesto televisivo Rai ha dato più spazio agli spettacoli teatrali, in particolare Rai 5 dove approderà il 19 dicembre “Le metamorfosi” di Kafka. Adattamento e regia di Giorgio Baberio Corsetti. Sarebbe dovuto andare in scena all’Argentina di Roma il 10 novembre.
Rai 3, invece, dal 12 dicembre scorso, ha dato il via a un progetto, “Ricomincio da Rai Tre”, il cui obiettivo è rispondere a questa situazione disastrosa, tutto capitanato da Stefano Massini e Andrea Delogu.
La prima della Scala che come da consuetudine si è svolta il 7 dicembre è stata trasmessa, parte registrata e parte in diretta, in Eurovisione su Rai 1 e Radio 3 e in streaming su RaiPlay. Recente è, infine, un’iniziativa tutta siciliana per far fronte all’impossibilità di fruire degli spettacoli dal vivo.
Prende il nome di Spazio Franco e fino al 13 dicembre, ultimo giorno utile per prenotarsi, ha dato la possibilità a chiunque volesse di prender parte ad un cosiddetto delivery show.
Giuseppe Provinzano, l’ideatore di questa iniziativa, ha voluto porre un’alternativa allo streaming chiamando cinquanta tra attori, ballerini e musicisti che, muniti di qualsiasi mezzo di locomozione, tra il 21 e il 31 dicembre, metteranno in scena, a Palermo, 3 performance per il contributo lordo di 150€. In conclusione, possiamo dire che l’intero universo legato alla cultura e allo spettacolo è cambiato, forse per sempre, forse solo momentaneamente. Aleggia incertezza nelle sale da ballo, negli studi di registrazione e dietro le cineprese.
Ma la cultura, non dev’essere considerata come qualcosa a cui si può facilmente rinunciare senza troppi danni. Senza cultura, la storia, la musica, l’arte, non siamo nulla, non lasciamo tracce del nostro passaggio.
Cristina Conversano
Qualche giorno ci si lamentava che i fuorisede non sono mai considerati e bollati come untori dalla gente (che non è vero poi), poi ho letto del caro biglietto aerei a danno dei fuorisede (il caro biglietti in realtà è una banale regola di mercato tra domanda e offerta) e il tutto supportato dal leader maximo dei radical chic ducali nonostante da ogni giorno faccia la morale a tutti (con quali titoli e gradi poi non si capisce) sullo stare in casa, e se qualcuno osa criticare Conte diventa automaticamente (pensate un po’) negazionista e salviniano.
Adesso leggo che non si tutela la cultura con i dpcm. Allora, mettiamoci d’accordo anche qua: il virus non è meno letale in un museo, nelle inutili librerie e biblioteche di Parma in incontri e presentazioni che lasciano il tempo che trovano con personaggi vestiti con maglioncini infeltriti (portati volutamente perchè a casa ne hanno dei belli sicuramente) per rimarcare il loro essere superiori in quanto radicals (anche se poi si guardano bene dal votare pci). Il virus è letale ovunque. Se si chiude un ristorante (che porta stipendi a tante persone) è più che giusto chiudere librerie, università, scuole, teatri sino a quando non si potrà frequentare questi posti in piena sicurezza.
Un teatro è importante come un ristorante, come uno stadio di calcio di serie A, come un negozio di moda in centro a Parma.
I am incessantly thought about this, thanks for posting.