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Condannata a morte dopo una serie di rinvii; sulle sue spalle portava il peso di una vita di dolore, incesti, prostituzione forzata, violenze e stupri
Vane sono state le proteste per salvare la vita a Lisa Montgomery, la sua è la prima esecuzione federale di una donna dopo 67 anni. Nel dicembre 2004 si era resa protagonista di un “omicidio efferato”, motivo per cui ha subito l’iniezione letale presso il penitenziario americano di Terre Haute, in Indiana. Come riporta il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aveva strangolato a morte Bobbie Jo Stinnett, 23enne incinta di otto mesi. Le aveva tagliato poi il ventre con un coltello da cucina sottraendo la bambina, attualmente viva, tentando di farla passare per sua. Nell’analisi di questo crimine, secondo Sandra Babcock, direttrice della facoltà del Cornell Center on the Death Penalty Worldwide, non si può prescindere dal passato di Lisa Montgomery.
Un vissuto traumatico
Lisa è nata con danni cerebrali permanenti causati dall’alcolismo della madre Judy, una donna aggressiva che picchiava i figli e li castigava fisicamente. La sua infanzia è avanzata sotto il segno della violenza e delle frustate. La visione di scene raccapriccianti era abitudine, come quando la madre spaccò la testa del cane con una pala di fronte ai figli per punirli. Judy si è sposata sei volte, non garantendo mai la presenza di una figura maschile costante nella loro vita.
Uno dei patrigni, Jack Kleiner, aveva abusato sessualmente di Lisa quando aveva appena undici anni. Quella era stata solo la prima di una lunga serie di violenze che avrebbero segnato per sempre la sua vita. Era un uomo dall’animo truculento: una volta Lisa ha opposto resistenza, di conseguenza lui le ha sbattuto la testa sul pavimento così forte da provocarle una lesione cerebrale. Le aveva costruito una stanza apposta accanto alla sua roulotte, dove nessuno avrebbe mai potuto sentire le urla disperate della bambina. Lisa è stata vittima anche di violenze di gruppo da parte di amici che l’uomo invitava a casa per abusare di lei e urinarle addosso una volta finito lo stupro.
La madre l’ha obbligata a prostituirsi con uomini anziani, causandole lo sviluppo di un complesso disturbo da stress post-traumatico. Sotto costrizione della donna Lisa si è sposata a diciotto anni con il fratellastro, da cui ha avuto quattro figli, in seguito fu obbligata alla sterilizzazione involontaria. La sua vita non è migliorata, gli abusi e le violenze continue non sono mai cessate. La salute mentale è andata peggiorando anche a causa della situazione di povertà assoluta in cui era costretta a vivere. Non ha mai raggiunto un minimo di stabilità, tanto che all’età di trentaquattro anni si era già trasferita sessantuno volte. In seguito ha divorziato dal marito e si è risposata.
I giorni prima dell’omicidio
La situazione ha raggiunto il culmine nei giorni appena precedenti all’omicidio di Bobbie, quando l’ex marito aveva chiesto la custodia di due dei loro figli. Lisa aveva detto al nuovo marito di essere incinta, ma era impossibile che lo fosse, a causa della sterilizzazione. L’ex marito l’ha minacciata, sostenendo che avrebbe usato la prova della gravidanza immaginaria in tribunale per ottenere la custodia. Le violenze quotidiane, i traumi, la povertà, le gravi malattie mentali, la disperazione e, infine, i ricatti hanno spinto Lisa oltre il limite del buon senso, facendola sprofondare in ciò che inconsapevolmente l’avrebbe condotta alla morte.
L’inadeguato lavoro degli avvocati
Dave Owen si occupò della difesa di Lisa Montgomery. La situazione non era a favore dell’imputata: l’avvocato non aveva mai difeso una persona che rischiava la pena di morte. Per tale motivo è stata inserita nella squadra di difesa Judy Clarke, esperta nella difesa di clienti affetti da patologie cerebrali. Ma Owen, noto per la sua avversione nei confronti del sesso femminile, non accettò questa situazione e la fece rimuovere dal caso.
Come riporta Sandra Babcock sul sito della Cornell Law School la difesa non è stata presentata in modo adeguato, tanto che “i pubblici ministeri federali hanno respinto le prove dei suoi abusi sessuali presentate, definendole “la scusa dell’abuso”. Lisa è stata inoltre accusata di essere una pessima madre e di non saper badare alla casa. Sulla base di questi fatti si raccomandò la pena di morte.
L’esecuzione era stabilita per il 12 gennaio 2021, ma poco prima il giudice James Hanlon ne aveva ordinato la sospensione, ritenendo necessario valutare le facoltà mentali della donna. Questo fatto ha acceso in tutti un barlume di speranza, purtroppo svanito il giorno seguente.
Il 13 gennaio Lisa Montgomery è stata uccisa con l’iniezione letale. La pena inflitta è il risultato di una serie di discriminazioni misogine, di una difesa non adeguata e della ferocia dell’amministrazione Trump.
L’esecuzione come prodotto di un’amministrazione violenta
Le condanne per mano del governo federale sono riprese nel luglio 2020, dopo una pausa di diciassette anni. Trump si aggiudica un triste primato: mai in passato il governo federale aveva applicato più esecuzioni civili rispetto a tutti gli stati messi insieme. Come riporta il Death Penality Information Center 2020 Year-End Report ” l’amministrazione Trump ha effettuato più esecuzioni federali in un anno solare di ogni presidenza nel XX o XXI secolo e aveva programmato più esecuzioni per il periodo di transizioni tra presidenze di quante non fossero mai state effettuate nella storia degli Stati Uniti”.
Inoltre, l’applicazione della pena di morte nel mezzo di una pandemia ha costretto familiari, media, avvocati e rappresentanti religiosi a esporsi al rischio di contagio, andando a peggiorare ulteriormente una situazione epidemiologica già critica.
Lisa Montgomery è l’undicesima vittima di un sistema che ha visto troppe volte nella violenza una soluzione. La speranza di porre fine a questa ingiustificabile carneficina risiede in Biden, che si è dichiarato più volte contrario alla pena di morte federale.
Micol Maccario
Diciamo che Obama, il premio per la pace più guerrafondaio degli ultimi anni, se fosse stato contro la pena di morte avrebbe fatto di tutto per toglierla. In realtà Obama crede nella pena di morte così come ne era fermamente convinto Clinton e Hilary
Trovo l’articolo sinceramente inopportuno: tutto questo scalpore perchè è una donna. Con una vita difficile. Se analizzate la vita di chi è nel braccio della morta nell’India ha auvto un passato identico a lei. Solo che qui è una donna e scatta un il solito moralismo, l’attribuzione alla donna di un valore superiore all’uomo e quindi una doppia morale.