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È il 14 novembre del 2019 quando piazza Maggiore, a Bologna, si gremisce di manifestanti che, nel pieno della campagna elettorale per le regionali Emiliane, si schierano contro il populismo e il sovranismo che attanaglia e caratterizza la destra italiana, all’epoca in vantaggio nei sondaggi politici. Quella folla, d’allora in poi, sarà nota come il Movimento delle sardine, o più comunemente, Le Sardine. Che ci si trovasse d’accordo con quanto affermavano, o meno, tutti, ma proprio tutti, almeno una volta, ne avevano sentito parlare. Taluni hanno ricondotto la vittoria regionale di Stefano Bonaccini proprio al loro movimento, al profondo clamore che aveva creato e le coscienze che parevano aver smosso.
Ma chi sono davvero Le Sardine, e soprattutto, che fine hanno fatto?
Il mare in cui sono nate le Sardine
Contemporaneamente all’evento di presentazione della candidata leghista Lucia Borgonzoni al Paladozza di Bologna, un gruppo di quattro amici, con a capo Mattia Santori, 32 anni, laureato in scienze politiche, lancia quello che lui stesso definirà come il primo flash mob politico. “6000 sardine contro Salvini” urla l’evento creato tramite Facebook. L’invito recitava “nessuna bandiera, nessun partito e nessun insulto. Crea la tua sardina e partecipa alla prima rivoluzione ittica della storia”.
Così al grido di “Bologna non si Lega” migliaia di cittadini, o per meglio dire di sardine, si sono riversati nella piazza principale del capoluogo. L’obiettivo della manifestazione risulta un successo. 6000 persone radunate sul Crescentone e “strette come sardine” – da qui il nome – superano, di svariate centinaia, la capienza massima del Paladozza. L’evento raggiunge in pochissimo tempo 30.000 “mi piace” e la diretta streaming dell’evento è seguita da più di 1 milione di persone. Le sardine, cantando “Bella Ciao”, fanno clamore. Sono la notizia più fresca dell’autunno e, in pochissimo tempo, riescono a riempire intere piazze di giovani, e non, che urlano contro il leader della Lega, Matteo Salvini. Da Bologna a Modena, passando per Parma, Genova, Piacenza, Milano, Napoli, Bari, sino ad Enna, questo è il caldo inverno 2019 delle sardine. Il leader del Pd, Nicola Zingaretti, plaude all’iniziativa, tutti i più importanti giornali ne parlano e i più sostengono che siano stati loro a tirare le fila delle elezioni di gennaio 2020. Sono, per molti, i nuovi stakeholder dell’area politica di centrosinistra.
Le Sardine ai tempi del COVID
Dopo mesi di fragore e interesse mediatico ecco che le sardine si ritrovano travolte da un altro tipo di mareggiata a cui nessuno poteva dirsi davvero pronto. Il COVID-19 diventa una realtà all’interno dello stivale e in pochi giorni riunirsi in piazza diventa mera utopia. Silenziose, come fossero state messe in scatola, Le Sardine lasciano che i mesi di lockdown passino, senza che nessuno abbia notizia dei pesciolini più famosi d’Italia. L’attenzione è, giustamente, rivolta unicamente nei confronti del virus, e all’interno della regia delle sardine paiono esserci problemi di incompatibilità, tanto che, nel maggio dello stesso anno, annunciano di volersi prendere una pausa – non che avessero lavorato particolarmente nei mesi precedenti – per chiarire bene verso quale direzione il branco di pesci si dovesse muovere. Difficile, anzi, impossibile, trovare qualcuno, che nel pieno di una crisi sanitaria ed economica, avesse intenzione di inneggiare contro Salvini o contro la destra italiana. Nei mesi successivi, dopo la redazione del manifesto ufficiale dell’associazione, le sardine fanno qualche breve, e priva di eccessivo scalpore, apparizione. Private giustamente dal contesto pandemico di festeggiare in piazza il loro primo anniversario, paiono essere destinate all’oblio o, perlomeno, ai margini dell’interesse pubblico, dopo averne cavalcato l’onda, per qualche mese.
Per colpa di chi?
La colpa dunque, sarebbe tutta attribuibile alla pandemia. Ma è davvero così? Fare associazionismo ai tempi del covid è impossibile? L’abbiamo chiesto a chi, di associazionismo, si occupa in una terra difficile come la Calabria. Una realtà ben distante da quella della rossa Bologna e che, come le nostre sardine, è stata travolta dalle restrizioni dell’epidemia. A risponderci è stato Raffaele Fiorentino, presidente dell’Associazione Culturale La Riviera.
La vostra associazione ha compiuto il suo primo anno di vita nell’estate appena trascorsa. Quali bilanci ti senti di fare al netto di quanto accaduto?
Ritengo che la pandemia abbia dato un grosso colpo al mondo dell’associazionismo. Generalmente, realtà come la nostra vivono di aggregazione sociale, quindi, con il Covid è stato tutto più difficile. In un periodo come questo, è normale che vi possano essere incomprensioni o momenti di tensione, ma penso che la cosa più importante sia continuare e portare avanti i progetti che ci hanno spinto a costituire l’associazione, sperando che arrivino presto tempi migliori.
Pensi che le leggi in vigore abbiano danneggiato irreparabilmente la vostra organizzazione o siete riusciti a far fronte alle problematiche nate in seguito a questa situazione?
Credo che sia stata la pandemia a danneggiare la nostra organizzazione, non additerei responsabilità alle attuali leggi in vigore. Purtroppo, poiché l’unico modo per evitare la diffusione dei contagi è avere meno contatti possibili, inevitabilmente anche la nostra associazione è stata colpita. Seppur con difficoltà, ci siamo rimboccati le maniche, e abbiamo continuato ad impegnarci per la nostra terra. Ad esempio, abbiamo portato avanti campagne o attività social, mentre durante l’estate ci siamo concentrati su convegni in modo tale che potessimo controllare i flussi di persone e rispettare tutte le norme anticovid. Insomma, volere è potere.
Quale pensi sia stata allora, la vostra forza?
Quando gli ideali e le motivazioni che ti hanno spinto a costituire l’associazione sono forti e ben radicati nell’organizzazione, qualsiasi evento, persino una pandemia, non può fermare una realtà come la nostra. La nostra terra non può essere più abbandonata, siamo nati proprio per favorire una rinascita del nostro territorio e ci impegneremo per riuscire a dare il nostro contributo.
Ritieni quindi sia fondamentale avere una forte spinta ideologica e un progetto ben delineato per superare momenti difficili e imprevisti?
Penso che il presupposto per far nascere una realtà nel mondo dell’associazionismo, oppure un’organizzazione politica, come nel caso delle Sardine, sia proprio questo. Quando vengono meno queste premesse assistiamo infatti ad eventi saltuari o brevi momenti di gloria, che poi finiscono nell’oblio. Io ritengo però che per incidere realmente su un territorio, siano necessarie la costanza e la dedizione.
Quali pensi siano stati i problemi che hanno travolto le Sardine?
Secondo me, in questo caso, abbiamo assistito a un grande evento di piazza e mediatico. Io vivo a Bologna ed ero presente quel giorno. Ammetto che è stata una grande emozione vedere tutte quelle persone in piazza, pronte a manifestare contro Salvini e la Lega. A mio parere qui però sorge un problema: è un movimento nato in contrapposizione a qualcuno. Con questo voglio dire che l’unica cosa che accumunava tutte le persone in piazza era questa voglia di dimostrare che c’era una parte della popolazione che non era d’accordo con le proposte di un partito politico. Dunque, contro qualcuno, contro un schieramento politico.
Questo non basta, per poter incidere realmente è necessaria una base ideologica forte seguita da una proposta politica capace di rispondere ai diversi problemi socioeconomici odierni, con soluzioni differenti e magari contrapposte a quelle proposte da una determinata area politica. Cioè, lottare per un’idea e non esclusivamente contro qualcuno. Risulta chiaro che questa si presenti come una voce che si è espressa in merito, manifestando alcuni punti di riflessione sulla base delle proprie esperienze.
Alla luce di ciò, possiamo ancora incolpare il Covid del maremoto che ha sommerso le Sardine lasciandole boccheggianti sulla riva?
Cristina Conversano
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