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Nella seduta dello scorso 14 aprile, il Senato ha approvato una mozione che impegna il Governo a verificare le condizioni per conferire la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, l’attivista egiziano dell’Università di Bologna che da oltre 14 mesi è in custodia cautelare con l’accusa, mai dimostrata dalle autorità egiziane, di propaganda sovversiva e terrorismo. L’ordine del giorno, approvato con 208 voti favorevoli e 33 astenuti (fra cui tutti i senatori di Fratelli d’Italia), chiede inoltre al Governo di intraprendere «ogni ulteriore iniziativa» per sollecitare l’immediata liberazione del ragazzo e di monitorare le udienze processuali e le condizioni della sua detenzione.
Perché concedere la cittadinanza a Zaki
Oltre ad essere un gesto di grande umanità a tutela della libertà di pensiero ed espressione di ogni persona, il riconoscimento della cittadinanza italiana a Zaki ha soprattutto l’obiettivo di fornire alle autorità competenti un ulteriore strumento per ottenere la sua liberazione. Diventando cittadino italiano infatti, Zaki acquisirebbe automaticamente anche lo status di cittadino europeo. Questo garantirebbe, almeno sulla carta, maggiori possibilità di negoziare con le autorità egiziane il suo rilascio.
Cosa può succedere adesso
Il voto espresso in Senato non è né vincolante né risolutivo. Per rendere Zaki un cittadino italiano, infatti, occorre innanzitutto stabilire se il giovane attivista abbia i requisiti previsti dall’ordinamento italiano, e in particolare dalla Legge 91/1992, per l’ottenimento della cittadinanza. La normativa prevede la possibilità di conferire la cittadinanza italiana allo straniero che «abbia reso eminenti servizi all’Italia», ma che Zaki rientri effettivamente in questa condizione è ancora da accertare, ed è ciò che il Senato chiede al Governo di verificare. Qualora per Palazzo Chigi vi fossero gli estremi per procedere, la decisione spetterebbe poi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, «sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri», potrebbe varare un decreto per conferire a Zaki la cittadinanza italiana.
Tanti i timori e le perplessità
Come sottolineato dalla Vice Ministra degli esteri Marina Sereni, concedere a Zaki la cittadinanza italiana costituirebbe una misura di indiscusso valore simbolico, ma potenzialmente «priva di effetti pratici a tutela dell’interessato», dal momento che Zaki, rimanendo pur sempre un cittadino egiziano, difficilmente potrebbe godere della protezione consolare all’interno del proprio paese. Inoltre, non è da escludere che quello che vorrebbe essere un gesto di solidarietà finisca col rivelarsi addirittura controproducente ai fini della liberazione del ragazzo: il regime di Al-Sisi infatti, potrebbe interpretare il conferimento della cittadinanza italiana a Zaki come una provocazione a cui, verosimilmente, risponderebbe con un inasprimento delle misure restrittive nei suoi confronti. Per questi motivi, il Governo raccomanda piuttosto un’intensa attività diplomatica da condurre ad ogni livello possibile (incluso quello dell’ONU, di cui l’Egitto è parte), ma sulla base di un’attenta ed oggettiva valutazione delle «circostanze di contesto» in cui si andrebbe ad agire.
L’altra «faccia» della politica
Certo è difficile non pensare che dietro alla reticenza di Palazzo Chigi si celi anche un interesse a non intaccare i rapporti, soprattutto economici, tra Italia ed Egitto, già fortemente compromessi dalla drammatica vicenda di Giulio Regeni (sulla quale le autorità egiziane mantengono tuttora un atteggiamento ostile ed omertoso). Questo però, non elimina i dubbi sulla reale convenienza del rendere Zaki un cittadino italiano, dato che non è detto che quella stessa cittadinanza che in passato non bastò a proteggere Regeni (né di fatto ad ottenere verità e giustizia per la sua morte) oggi favorisca davvero la liberazione di Zaki. La soluzione migliore probabilmente sarebbe subordinare ogni rapporto (politico, economico, sociale) fra paesi al rispetto dei diritti umani di ogni persona, a prescindere dalla sua nazionalità. Ma la storia purtroppo, ci insegna che raramente i governi antepongono principi e valori agli interessi statali e commerciali. In ogni caso, la decisione è ora nelle mani dell’esecutivo, anche se le premesse rendono difficile aspettarsi che Palazzo Chigi vada fino in fondo. La speranza però rimane, e quel che più conta è che la scelta del Governo, qualunque essa sia, si riveli utile a restituire a Zaki la sua legittima libertà.
Giulia Battista
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