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Un muro e due culture: ancora oggi Cipro divisa tra Turchi e Ciprioti

3 ' di lettura

Cipro è da quarantasette anni un’isola divisa a metà. Da quando la Grecia ha tentato un colpo di stato e la Turchia ha risposto con l’occupazione della parte nord dell’isola, l’ONU ha istituito una zona cuscinetto lunga 180 km che taglia a metà la stessa capitale, Nicosia, ad oggi l’unica capitale europea divisa da un muro. Un muro di Berlino nel Mediterraneo, ancora in piedi, che nessuno vuole abbattere. L’isola di Afrodite paga il suo essere stata teatro di scontro tra due potenze, tanto diverse quanto simili nel desiderio di controllo su uomini e risorse. Una guerra iniziata e mai del tutto conclusa che condiziona profondamente la vita attuale dell’isola.

Green line

La cosiddetta “Green line” non è però solo l’esito formale della guerra. Essa divide due popolazioni e due modi di vivere sostanzialmente diversi. I turco-ciprioti a nord parlano il turco, pregano nelle moschee e fanno acquisti con la lira turca. I loro vicini a sud del muro sono invece greco ortodossi, parlano greco, e utilizzano l’Euro. L’appartenenza alla comunità europea è di fatto una delle discriminanti principali tra le due parti. Mentre i greco-ciprioti possono spostarsi e andare all’estero liberamente, i turco-ciprioti non possono atterrare in un’altra nazione senza prima aver fatto scalo in Turchia.

Il problema principale dipende dal fatto che solo la Turchia riconosce la sovranità della Repubblica turca di Cipro e questo comporta una serie di obblighi per chi entra ed esce dall’isola, ma anche per chi vuole andare dall’altra parte, costretto ad attraversare i check-point di controllo lungo la zona cuscinetto. Il fatto che sia uno stato riconosciuto solo da se stesso spiega la presenza eccessiva di simboli turchi. Gli edifici sono tappezzati di lune e stelle su sfondo rosso, enormi bandiere fatte di pietre sono state riprodotte su larga scala anche su alcune colline; passeggiando per le sue strade non si possono avere dubbi su chi comanda quel territorio.

cipro

Da una parte la Grecia

Alle dimissioni del leader greco Geōrgios Papandreou nel 1965, seguono due anni di scontri e tensioni, finché alla vigilia delle elezioni del 1967 un colpo di stato, sostenuto dagli stati Uniti, dà vita al “regime dei colonnelli”. Da buona dittatura che si rispetti, il regime mette immediatamente a tacere le opposizioni, reprime i dissensi con torture e carcerazioni. Insieme agli scioperi proibisce minigonne, capelli lunghi e musica moderna, fino al momento in cui entra in crisi nel 1974, proprio sui fatti di Cipro.

Dopo un passato da ex colonia britannica, Cipro è in quel momento uno Stato indipendente, casa di una maggioranza greca e una minoranza turca che, al di là di reciproche diffidenze e qualche rivendicazione nazionalista, convivono pacificamente sull’isola. Il 15 luglio, al grido di “riunificazione con la madre patria” i colonnelli sostengono un colpo di stato deponendo il presidente dell’isola Makarios III. Il golpe non ha però l’esito sperato, la Grecia assiste alla fine del regime e Cipro vede arrivare i militari turchi.

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Dall’altra la Turchia

La Turchia ha sempre visto di buon occhio la bella terra cipriota nel mezzo del Mediterraneo, tanto ricca di risorse da sfruttare. Così, il golpe fallito è un’occasione imperdibile e il 20 luglio, al grido di “difesa dei turco-ciprioti” invade la parte nord-orientale dell’isola. Seguono scontri, bombardamenti e morte. I greco-ciprioti del nord scappano a sud e i turco-ciprioti del sud fanno lo stesso verso nord. Si creano nelle due parti due identità compatte e distinte. Da un giorno all’altro molti di loro diventano profughi e interi quartieri luoghi disabitati. Famagosta è la città simbolo dell’occupazione turca. I suoi 40.000 abitanti, alla notizia dell’occupazione turca, lasciano la città che diventa in poche ore spettro di se stessa e proibita, presidiata dalle Nazioni Unite. Ancora oggi la recinzione di filo spinato la delimita e ne vieta l’ingresso, mentre al suo interno le case si stanno lentamente sbriciolando.

Come riconciliarle?

Con l’ONU come mediatore tra le due parti, negli ultimi quarantasette anni si sono susseguite tante proposte di riconciliazione e nessuna modifica. I negoziati sono stati avviati un’ennesima volta pochi giorni fa a Ginevra. A differenza del passato però, non è stata proposta una riconciliazione, bensì il riconoscimento ufficiale da parte delle altre nazioni della Repubblica turca del Nord. La sopravvivenza a tutti gli effetti della divisione. Il malcontento dei giovani ciprioti passa ancora una volta in secondo piano. Per le nuove generazioni, le diffidenze e i pregiudizi verso l’altra parte non hanno infatti più fondamento. Prima che cittadini di una metà di Cipro, essi si definiscono cittadini del mondo, vedendo quel muro come un’inutile barriera, retaggio di un passato che ancora sono costretti a subire.

Giorgia Clementi

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