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Monkey D. Rufy è un ragazzino che da grande sogna di diventare il Re dei pirati. Shanks, un bucaniere che passa il tempo alla locanda del paese, gli dona il suo cappello di paglia dicendogli che potrà riportarglielo quando sarà diventato un grande pirata. È con questa scena che Eiichirō Oda apre il suo “One Piece”, uno dei manga più famosi di tutti i tempi.
Da quel momento, il cappello di paglia diventa la metonimia di Rufy e della sua ciurma – la ciurma di Rufy Cappello di paglia, appunto –, e il protagonista ci è così legato che non può permettere gli succeda niente.
La trama di “One Piece”
Nei primi anni di serializzazione, il manga è piuttosto lineare: Rufy arriva su un’isola, combatte il nemico di turno, raccoglie attorno a sé la ciurma e riparte per un’altra isola – e poi si ricomincia. Fondamentalmente, “One Piece” non si discosta molto dal tipico shōnen – cioè un fumetto rivolto agli adolescenti e in cui le “mazzate” sono il punto focale della storia (tipo “Dragonball”, per citare il più famoso) –, ma i poteri assurdi che i personaggi acquisiscono mangiando i Frutti del Diavolo rendono i combattimenti molto movimentati e sempre imprevedibili.
Ben presto, però, “One Piece” diventa altro. Il flashback che racconta la storia di Nami – la navigatrice della ciurma – è solo uno dei tantissimi episodi commoventi che cominciano a punteggiare l’opera, e la morale che se ne può trarre è uno dei leitmotiv carissimi all’autore: non importa se la famiglia naturale fa soffrire o non c’è mai stata; l’importante è la famiglia che ti scegli – e la ciurma di Rufy è proprio questo.
Una storia di ampio respiro
Per non parlare di Chopper – la renna medico della ciurma –, che dopo aver mangiato il Frutto del Diavolo Homo Homo diventa una renna parlante odiata dal branco e da tutto il villaggio. Il breve arco narrativo raccoglie in una manciata di capitoli tantissimi temi: il razzismo, il rispetto per il diverso, l’oppressione dei più deboli, l’inseguimento dei propri sogni, le persone che non ci sono più ma che continuano a vivere in chi le ricorda, la famiglia elettiva. Ancora una volta, poi – Eiichirō Oda è bravissimo, in questo –, il flashback è molto commovente.
Il capitolo 100, invece, pone retrospettivamente le basi per una storia di ampio respiro che nei vent’anni successivi tutti i lettori hanno imparato a conoscere – un’avventura piena di misteri e ambientata in un mondo coerente, vastissimo e costruito con mille riferimenti al nostro. Le tante domande che da anni tutti i lettori si pongono – cosa significa la “D.” nel nome di molti personaggi?; cos’è lo One Piece? – rendono la lettura sempre appassionante, sempre accompagnata dalla voglia di saperne di più, di parlarne con gli amici, di teorizzare. “One Piece”, insomma, bilanciando mazzate, momenti lirici e mistero, diventa un fumetto grandioso.
I punti di forza del fumetto
“One Piece” ha infranto tantissimi record di vendite: è il fumetto di autore singolo più venduto di sempre, è il terzo più comprato nella Storia – prima di lui solo “Superman” e “Batman” – e in Giappone è in testa alle classifiche praticamente da quando è uscito. In occasione del 25esimo anniversario e del capitolo 1000 – non sono tanti i manga a raggiungere questo traguardo –, l’hashtag #ThankYouOda è diventato virale, perché non c’erano ricorrenze migliori per spiegare cosa significasse questo fumetto per le tante persone che lo amano.
Forse il punto di forza di “One Piece” è proprio la sua lunghezza. Da un quarto di secolo, ogni settimana, persone di ogni età e da ogni parte del mondo si fermano per leggere in contemporanea il nuovo capitolo, condividendo poi su Internet cosa ne pensano e come li ha fatti sentire. Nessuno, probabilmente, si sarebbe mai immaginato di diventare adulto continuando a leggere il suo fumetto preferito.
Lo One Piece è il viaggio
Come si può descrivere l’ansia di aspettare il nuovo capitolo settimana dopo settimana a chi non l’ha mai provata? O spiegare la connessione che dopo tutto questo tempo lega i lettori di “One Piece” alla storia e agli altri lettori? Come si possono trasmettere tutti gli insegnamenti di questo fumetto senza commuoversi sui disegni di Oda?
“One Piece” è un amico che di settimana in settimana ci fa evadere dal mondo quando ne abbiamo bisogno, e ci fa capire la realtà quando racconta una storia dolorosa che può insegnarci qualcosa. Non è forse questo che dovrebbe fare la buona letteratura?
Da anni, tutti i lettori si chiedono cosa sia lo One Piece. Si sa che è il tesoro finale, certo – quello che tutti i pirati vogliono trovare –, ma nessuno, fuori e dentro al manga, ha idea di cosa sia. Soldi? Un’arma? Qualcosa di astratto? La community ha più volte scherzato dicendo che probabilmente lo One Piece è il viaggio, cioè la gioia di aver attraversato il mondo vivendo avventure. Se narrativamente non sarà mai una cosa così semplice, meta-narrativamente – e citando Sommobuta – non c’è niente di meglio: “One Piece” è già il viaggio, ma il viaggio dei lettori.
Alessandro Mambelli
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