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Il 5 luglio è arrivata la notizia che nessuno si aspettava: la scomparsa di Raffaella Carrà. Un evento spiazzante perché una highlander come lei aveva il mito dell’immortalità. Il segreto di questo suo successo e del tanto affetto del pubblico deriva dalla sua capacità di essere icona senza cercare di essere icona.
Chissà se va
Pensateci. Quanti gesti di Raffaella Carrà ci ricordiamo? Tantissimi. Anche se per motivi anagrafici non abbiamo avuto la fortuna di vederli in diretta. I fagioli nel barattolo, ad esempio, vengono ancora abbinati alla bionda artista, nonostante “Pronto, Raffaella?” si sia concluso nel 1985. Per non parlare della sua risata coinvolgente. Oppure, che un semplice titolo di un programma come “Carramba! Che sorpresa”, grazie a lei, sia diventato un fenomeno di costume al punto da entrare anche nei dizionari italiani. Oggi “Carrambata” indica un incontro inatteso con una o più persone con le quali si erano persi i contatti, proprio come nella sua trasmissione più iconica. Sapeva far sembrare naturale una novità, era questo il segno che l’ha contraddistinta rispetto ad altre artiste della tv.
Ma anche un semplice abito l’ha resa un mito per sempre. Il vestito con l’ombelico scoperto indossato a “Canzonissima 1970”, che tanto destò scalpore per l’audacia dell’artista, è impresso nella memoria di chiunque, anche di chi non era davanti alla tv nel 1970, a girare le manopole per sintonizzare al meglio la ricezione tv. Entra nella storia della televisione anche l‘abito con maniche a sbuffo e trasparenze indossato dalla conduttrice durante l’unica intervista italiana a Madre Teresa di Calcutta, nel 1984 a “Pronto, Raffaella?”
Rumore
Chiunque di noi ha cantato un pezzo di qualche suo brano oppure ballato, anche in maniera scoordinata, qualche sua coreografia. A proposito di coreografie, un semplice “Tuca Tuca”, lanciato nel 1971, destò uno scandalo incredibile a quei tempi. La dirigenza lo volle censurare perché considerato troppo audace. Ma il pubblico amava quelle semplici mosse e per merito loro, ma anche del balletto della Carrà insieme ad Alberto Sordi, che la canzone ritornò in quell’edizione di “Canzonissima”.
Da “Fiesta” a “Ma che musica maestro, da “Ballo, ballo” a “Fatalità”, tutti conoscono almeno una strofa o un ritornello delle canzoni del caschetto biondo. Tra i tanti brani, merita una menzione una canzone di Raffaella poco conosciuta, “Scranda la mela”, sigla di “Fantastico 12” (1991). Scranda è un termine che non esiste, inventato ad hoc per la canzone. Fu uno dei brani forse più profondi dell’artista. È un invito ad essere se stessi nella vita, senza paura e senza temere i pregiudizi delle persone che recitano una parte per essere accettati. Proprio come ha fatto Raffaella Carrà in tutta la sua vita.
Fidati
La Carrà non ha fatto nulla. Non fraintende e seguite il ragionamento. Raffaella non ha fatto nulla perché ha mostrato agli spettatori semplicemente se stessa con tutti i suoi lati umani. Non è mai stata artificiale e non ha mai indossato maschere. Nel corso della sua lunga carriera ha mostrato:
- Rabbia: nel 1986, durante “Domenica In”, non ebbe paura di affrontare a muso duro un giornale di gossip che l’aveva accusata di non curare la madre malata;
- Gioia: Raffaella ospitò il suo caro amico Corrado a “Fantastico 12”. Davanti a lui, la presentatrice non riuscì a trattenere le lacrime. Corrado, con la sagace ironia che lo contraddistingueva disse: “Non mi era mai capitato di essere ricevuto da una che piange”;
- Vergogna: anni fa rilasciò una intervista in cui raccontò che, quando venne rapito Aldo Moro, la Rai decise comunque di mandare in onda “Ma che sera”, dove la Carrà cantava la sigla “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù”. Cercò in tutti i modi di convincere la dirigenza Rai a non trasmettere il varietà, senza riuscirci. Questo fatto la fece vergognare tantissimo e per un periodo non tornò in Italia;
- Empatia: Aveva la capacità di riuscire ad entrare dentro le storie che raccontava, diventando quasi come una dei protagonisti del racconto (vedi le storie di “Carramba! Che Sorpresa”);
- Tristezza: provò molto dolore nel trasmettere la puntata di “Pronto, Raffaella?” il giorno dopo la strage del Rapido 904, il 23 dicembre 1984. La conduttrice non riuscì a trattenere le lacrime.
L’elenco potrebbe durare all’infinito. Questo dimostra come Raffaella sia stata una persona come noi, che ha avuto il privilegio di raccontare la normalità e la vita stando un passo indietro le storie, senza la smania del protagonismo. In Spagna, la sua seconda casa, fece tornare il sorriso ad un paese che era appena uscito dalla dittatura di Francisco Franco. Chi altri ci sarebbe riuscito?
Per non parlare anche delle sue reazioni durante eventi imprevisti. Nei suoi programmi ha vissuto di tutto: da persone mute che parlano con lei al telefono miracolosamente (evento che costò una parodia alla Carrà nel programma “Drive In” ad opera di Gianfranco D’Angelo) a ragazzini che fanno scherzi telefonici, dagli allarmi bomba durante le telepromozioni agli ospiti esagitati. L’imprevisto che viene vissuto come un fatto normale, come era normale lei.
Replay
Il giorno della scomparsa, Raiuno ha voluto omaggiare la grande artista, riproponendo la prima puntata di “Carramba! Che sorpresa”, trasmessa il 21 dicembre 1995. Rivedere “Carramba! Che sorpresa” dopo 25 anni, è stato un viaggio nel tempo nei grandi varietà della tv del passato, in cui, in questo caso, i protagonisti erano le persone comuni e non i grandi nomi. Sarebbe attuale anche ora un programma del genere, ma l’avvento delle videochiamate farebbe perdere molto dell’effetto sorpresa, pilastro della trasmissione della Rai.
“Dall’Argentina è qui” è diventata ormai una frase d’uso comune, merito dell’immensa capacità di Raffaella di rendere il normale anormale, la frase in motto da scolpire nella memoria di tutti. Il sogno che diventava realtà ed è così che anche la richiesta più semplice diventava spettacolo. L’incontro con Heather Parisi ed una sua fan, ad esempio, è qualcosa che, nonostante gli anni, colpisce ancora per l’organizzazione dell’incontro e lo stupore sia della ragazza che del vip. Quanti programmi hanno copiato le scelte, le tecniche della Carrà e il suo programma degli anni ’90? Tanti. Troppi. Ma nessuno come lei.
E salutala per me
Raffaella Carrà è morta? Difficile rispondere a questa domanda. Nei tantissimi messaggi di cordoglio delle ultime ore, Raffaella è riuscita ad unire generazioni di persone, dai giovani ai vecchi, donne e uomini, gay ed etero, intellettuali e persone comuni, giornali colti e riviste popolari. La sua filosofia di vita, legata al rispetto degli altri, del diverso, resterà per molti uno stile di vita. Lei ha fatto tanto per i più deboli, i più discriminati, cercando di far conoscere realtà poco note a tutti. Pensiamo al suo programma del 2006 “Amore”, legato al mondo delle adozioni a distanza, tema molto caro alla conduttrice. In otto puntate vennero raccolte ben 130.000 adozioni.
Raffaella Carrà è stata la diva anti-diva, il vip anti-vip, l’icona anti-icona. È stata -anti perché ha sempre mostrato se stessa, in tutte le sue sfaccettature e debolezze. Perché Raffaella Carrà entrava nelle case degli italiani con energia e garbo, senza mai strafare. La risposta al quesito, pensandoci bene ora, è no. Raffaella Carrà ci ha lasciato col corpo, ma vivrà sempre grazie al suo spirito.
Buonasera Raffaella e grazie per tutto.
Raffaele Pitzalis
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